I Tre Princìpi Fondamentali
Prima ancora di cominciare a scrivere ci sono tre pincìpi che è bene tu tenga a mente, altrimenti la tua sceneggiatura risulterà poco incisiva…ed assolutamente fuori mercato!
Ecco dunque cosa devi sapere prima di iniziare il corso.
Ciao, mi chiamo Fabio Slemer, e ti guiderò attraverso i moduli di questo corso.
Ma chi sei tu, Fabio, per parlarmi di queste cose?
Era uno dei pochi giorni, in tutti gli anni di liceo, in cui ero contento di andare a scuola. C’era sciopero e sapevo che al posto delle normali lezioni avremmo avuto dei “corsi alternativi”. Io mi ero iscritto a quello di analisi di un film, tenuto dal professore di lettere di un’altra sezione e che non conoscevo. Il film in questione era A Qualcuno Piace Caldo o, come preferisco chiamarlo io, uno dei più bei film che abbia mai visto!
Ricordo di aver pensato: “Fabio, caspita, non sarebbe bello portare questa storia sul palcoscenico? Certo che così com’è non può andare, troppi cambi scena, troppi personaggi. Bisognerebbe che qualcuno si prendesse la briga di farne un adattamento teatrale”. Ero un ingenuo diciassettenne ma avevo già una consistente esperienza in teatro, e decisi che era arrivato il momento di un salto di qualità: era giunta l’ora di scrivere il mio primo copione! Nacque così A Qualcuno Piace Macchiato. Fu un vero successo! Girammo il Veneto sia in tournée che a concorsi, venni intervistato da diversi giornali e, cosa più sbalorditiva…c’era il mio nome sulla locandina!
Scoprii parecchi anni dopo che il professore di quella famosa “lezione alternativa” si era visto in segreto tutte le repliche che avevamo fatto nel Veronese. Aveva addirittura cominciato a nominarmi ed a portare come caso studio quel copione durante le lezioni sul cinema e il teatro nelle sue classi! Ero finito nel programma scolastico di un liceo scientifico! Da allora scrissi altri spettacoli per la mia compagnia teatrale, vinsi altri premi e divenni discretamente noto nell’ambito teatrale amatoriale Veronese, fino a quando non mollai tutto per inseguire il mio sogno: fare l’attore!
Avevo 19 anni, di cui 13 passati sul palcoscenico, e tentai l’accesso a varie Accademie di Arte Drammatica di Milano, ma durante le selezioni la mia famiglia si trovò ad affrontare un brutto momento economico. Decisi di restare a Verona e lavorare per dare una mano in casa.
Probabilmente mi capisci bene quando dico che i sogni, se vengono dal cuore, non li puoi “spegnere” e dimenticare. Trovai l’Accademia Nazionale del Cinema di Bologna, gli orari mi permettevano di fare da pendolare e di lavorare nella mia città. Due piccioni con una fava, che fortuna! Purtroppo non avevano il corso di recitazione, così “ripiegai” sul corso di regia e sceneggiatura. Ne approfittai per ampliare la mia cultura, divenni un artista a tutto tondo (ora sapevo dirigere, scrivere e recitare!).
Evidentemente la cosa mi portò fortuna, perché durante il primo mese di lezioni venni assunto come attore professionista da uno dei due Teatri Stabili di Verona!
La mia carriera era lanciata, l’Accademia giungeva al termine, arrivai a creare e dirigere un programma televisivo per una TV locale, mi trasferii a Londra per studiare più approfonditamente recitazione cinematografica, e giunsi al culmine grazie al Master in cinematografia alla UCLA di Los Angeles.
Ora, permettimi di specificare una cosa: la UCLA è l’università nella quale si sono laureati la stragrande maggioranza dei registi, sceneggiatori e produttori di Hollywood! In pratica la UCLA è l’università di Hollywood! Fu lì che ebbi modo di confrontare quello che viene insegnato in Italia (avevo frequentato una Accademia, vari professionisti, tanti seminari e corsi) e quello che invece insegnano nel tempio supremo del cinema Occidentale! A Los Angeles era normale avere come insegnante un premio oscar, incontrare super VIP per la strada (ti faccio giusto un nome: Johnny Depp).
Immerso nel clima magico di Hollywood ho visto da vicino come progettano un film, come scrivono un film.
Meglio ancora; ho visto come insegnano a farlo!
Diversi fattori mi hanno aiutato a scoprire i loro segreti:
- Avere un sogno fortissimo (quello di diventare attore professionista).
- La capacità di non arrendermi quando mi si chiudeva una porta.
- La capacità di trarre degli insegnamenti utili anche dalle situazioni che non mi sarei mai immaginato di vivere.
- Mantenere il focus sull’obbiettivo (in questo caso lavorare nel mondo dello spettacolo).
Attenzione però, non sono nulla di lontano o di diverso da quello che sei tu o da quello che puoi facilmente essere. Infatti in quanti dei quattro punti che ho elencato qui sopra ti ritrovi? Scommetto praticamente tutti.
Ciò che ti riporterò è la raccolta di tutto quello che ho imparato in quasi 10 anni di studio e lavoro nel mondo dello spettacolo in 3 Paesi e 2 continenti diversi.
Mi dispiace tantissimo pensare che attorno a me ci sono così tanti giovani artisti promettenti ma che, per le più svariate ragioni, si demoralizzano e mollano il loro sogno.
Sto scrivendo queste pagine nella speranza di infonderti un po’ di entusiasmo nel caso ne avessi bisogno. Credo in te! Non arrenderti!
Iniziamo
Intanto ti faccio i miei complimenti per aver deciso di iniziare questo percorso alla scoperta dei segreti che stanno dietro la scrittura di una sceneggiatura.
La prima parola che viene in mente parlando di cinema è sicuramente Hollywood, e dato che siamo in Italia forse è il caso di capire il perché di tale popolarità.
C’è davvero tutta questa differenza tra Hollywood e Italia?
La differenza non è enorme, ma è sostanziale.
Mi spiego: noi Europei siamo stati i primi grandi maestri del cinema. Artisticamente lo abbiamo creato noi. In Italia in particolar modo abbiamo avuto la fortuna di ospitare quelli che per molti anni sono stati i più importanti Studios del continente: Cinecittà! Abbiamo fatto nascere da zero un intero mondo artistico.
Ancora oggi alla UCLA (l’Università di Los Angels), quando uno studente inizia le prime lezioni di una qualsiasi materia nel Dipartimento di Cinema e TV, studia come prima cosa degli esempi o dei riferimenti alle nostre vecchie produzioni. Loro hanno appreso da noi, ma hanno imparato così bene che sono riusciti a migliorare e perfezionare tutto ciò che è stato loro possibile.
Possiamo dire che Hollywood è stata capace di rimanere al passo coi tempi!
Il nostro cinema è rimasto tanto ancorato ai grandi maestri del passato (De Sica, Fellini, Rossellini, ecc. ecc.) i quali hanno portato il neorealismo sul grande schermo.
Scrivere una storia neorealista vuol dire che il modo di parlare dei personaggi, i loro pensieri, l’ambiente in cui vivono e tutto quello che succede è esattamente com’è nella vita vera.
Decenni fa questo funzionava perché il pubblico Italiano ed Europeo stava superando la grande guerra, c’era bisogno di riconnettersi con le proprie radici, c’era la necessità di vedere rappresentata una società genuina lontana dagli estremismi e dalle atrocità dei campi di battaglia.
Col neorealismo si scrivevano storie seguendo i meccanismi della vita reale, era ciò che voleva il pubblico. Se il protagonista si ammala poi muore; non ci sono antidoti miracolosi, super dottori che all’ultimo secondo si inventano una cura non convenzionale ma che funziona. Niente di tutto questo, perché nella vita reale non succede.
C’è una leggenda negli USA, ma non so dirti quanto sia vera, secondo la quale Rossellini, mentre girava Roma Città Aperta, volle che tutte le cassettiere ed armadi delle stanze del set (anche se nel film non venivano mai aperti!) fossero riempiti con indumenti e biancheria originali, perché così era una vera casa nella realtà.
Leggenda o no, rende perfettamente l’idea di come era inteso il neorealismo nel cinema Italiano degli anni ’40.
Questo modo di strutturare un film lo abbiamo ancora adesso. Prendi in considerazione gli ultimi film Italiani che han riscosso successo all’estero. Sono talmente “reali” che sicuramente troverai una di queste cose:
- Sono ambientati in una precisa città o regione, e la storia non funzionerebbe se fosse spostata da un’altra parte.
- I personaggi principali sono la copia esatta di persone che lo sceneggiatore o il regista ha incontrato nella sua vita.
- La storia è la storia di un pezzo di vita dello sceneggiatore.
- I personaggi parlano in dialetto!!!
- I cliché e i luoghi comuni si sprecano, sia riguardo le etnie che riguardo i lati psicologici (il meridionale fannullone o mafioso, la vegana pazza ed estremista, il magrebino spacciatore o kebabbaro).
- Potrebbero sembrare quasi dei documentari.
Al contrario, invece, ti è capitato di vedere i film Americani e notare che:
- Se per caso sono ambientati in una precisa città, poco importa quale sia; spesso ci si dimentica in che città si sta svolgendo la storia.
- I personaggi principali possono sembrare stereotipati (il detective impavido, il medico geniale e fuori dagli schemi, l’ex-militare che da innocuo passa ad essere una macchina di morte), ma se guardi bene non ne troverai uno uguale all’altro.
- Se la storia è riferita ad un evento realmente accaduto, è comunque romanzata e tale evento non è mai riportato come è accaduto nella realtà.
- I personaggi non hanno accenti particolari. Anche in inglese l’accento degli attori non ha quasi mai rilevanza. E se ce l’ha c’è comunque un motivo.
Ecco, questo NON è neorealismo. Io lo chiamo Hoollywoodianismo.
L’Hollywoodianismo è quel meccanismo che rende “accettabili” e godibili dal pubblico anche delle dinamiche esagerate.
Ma su tutto questo ci torno tra poco, per ora prendilo così com’è e vedrai che ti chiarirò meglio le idee tra poche pagine.
Il moderno concetto di show business, ovvero i meccanismi per fare soldi (tanti!) con i film, è stata probabilmente la prima “invenzione” Americana nel cinema. Loro avevano capito come sfruttare al massimo questo settore. Negli anni gli sceneggiatori e i produttori di tutto il mondo hanno individuato tre princìpi segreti per creare delle storie vincenti:
- Soldi
- Sesso e Violenza
- Menzogna
Andiamoli a vedere uno ad uno.
1°
Soldi
Con “soldi” intendo che bisogna raggiungere il maggior numero di persone (pubblico) possibile.
Un film è la forma d’arte che in assoluto ha bisogno del più grande numero di pubblico. Ti faccio alcuni paragoni:
- Ad un pittore può bastare una persona che compri i suoi quadri, tant’è vero che qualche secolo fa in Italia era sufficiente la sola famiglia dei Medici per mantenere praticamente tutti i pittori Italiani. Van Gogh aveva un solo committente, suo fratello, e questo non gli ha impedito di essere ricordato come uno dei più grandi pittori moderni.
- Un musicista guadagna non tanto dalla vendita dei dischi (ha una percentuale minuscola) ma dagli incassi dei concerti, e parliamo dunque di qualche centinaia di migliaia di persone nel caso di rockstar (in un anno).
- Uno scrittore deve vendere migliaia e migliaia di copie.
- Un film maker ha bisogno di ancora più pubblico. Un film rimane nelle sale soltanto un paio di settimane, e in quel arco di tempo deve ripagare tutta la produzione milionaria del colossal, ripagare tutta la troupe, gli attori, la pubblicità e un sacco di altre cose.
Orson Welles disse che “uno scrittore ha bisogno di una penna, un pittore di un pennello, ma un film maker ha bisogno di un esercito”.
Ora, probabilmente ti sembrerà che questa filosofia Americana (la ricerca del grande pubblico) non sia propriamente etica. Stai leggendo un corso sulla sceneggiatura e la prima cosa di cui ti parlo è il denaro.
Quando tenevo queste lezioni nei licei una delle obiezioni più frequenti era: “Ma Fabio, ad un artista non importano i soldi, deve avere dei sentimenti, sogni da far vivere, e deve fare qualsiasi cosa gli sembri giusto fare, non gliene deve fregare niente dell’audience. Questo è solo business, non è arte”!
Mi piace tanto questa visione romantica del lavoro dell’artista, e se anche a te è venuta da fare la stessa obiezione ti prego di non cambiare mai idea! Considera però che chi lavora nel cinema deve far coesistere arte ed affari allo stesso tempo.
In tanti hanno la sensazione, in Italia in particolar modo, che la vera arte sia riservata ad una élite di persone, e che i film che raggiungono un grande successo non siano artisticamente rilevanti. A Hollywood invece non ritengono ci sia conflitto tra arte ed affari; anzi si combinano egregiamente!
Pensiamo agli antichi Greci, gli inventori della drammaturgia, e alle loro grandi opere (Agamennone e Medea giusto per citarne un paio): nell’immaginario comune si pensa che queste opere ai loro tempi non riscuotessero grande successo, e solo una piccola cerchia di persone le apprezzasse; non erano dei grandi successi commerciali e non facevano incassi record ai “botteghini”, e le studiamo ancora oggi soltanto perché erano artisticamente rilevanti. In realtà non è vero! Quelle opere e quelli scrittori riscuotevano un grandissimo successo!
Pensa che Eschilo (l’autore di Agamennone) nel 458 a.C. grazie a quell’opera vinse Le Grandi Dionisie, le celebrazioni pagane dedicate al dio Dioniso, uno degli eventi più importanti per la comunità, e chi ne usciva vincitore veniva ricoperto di oro e gloria! Medea di Euripide invece si classificò “soltanto” terza nella edizione di pochi anni dopo.
Ti faccio un esempio più vicino ai giorni nostri: Shakespeare. Shakespeare era estremamente popolare ai suoi tempi. Nei college Americani, non so dirti perché, gira la voce che Shakespeare non fosse molto apprezzato e in voga, e che divenne famoso solo dopo centinaia di anni dalla sua morte. Ecco, questo non è vero. Lui ebbe un enorme successo mentre era vivo! Ebbe enormi pubblici. Pensa che prima di entrare al Globe Theatre (il teatro Londinese che rese famoso Shakespeare) il pubblico doveva passare per delle Arene dove davano degli spettacoli con degli orsi che lottavano, come le odierne lotte tra galli o cani. Si doveva per forza passarci accanto, e Shakespeare doveva quindi competere con queste attrazioni; il pubblico era conteso tra lui e gli orsi. Il grande drammaturgo doveva allestire spettacoli talmente fantastici da convincere il pubblico a passare oltre gli orsi ed entrare in teatro. Ha dovuto scrivere commedie e tragedie estremamente commerciali, eppure è universalmente riconosciuto come il più grande tra tutti i drammaturghi teatrali della storia!
Attenzione! Con questo non ti sto dicendo di scrivere testi pensando solamente al lato economico! Scrivere una sceneggiatura commerciale, pensando a renderla “vendibile”, non vuol assolutamente dire rinunciare alla qualità o all’artisticità. Come nemmeno scrivere un film puramente “astratto e di sperimentazione” ti autorizza a dimenticarti del pubblico a cui vuoi far riferimento (il pubblico più numeroso possibile, ricordati!).
Nessun scrittore dovrebbe mai scusarsi per aver intrattenuto un grande pubblico.
Ho lavorato per 10 anni con un regista teatrale che metteva in scena testi famosi riadattati, ma modificava sia la regia che il copione rendendoli davvero troppo “intellettuali” e personali. Lasciava interi pezzi in latino o greco antico per il solo fatto che a lui piaceva come suonavano, metteva in scena attori nudi perché a lui piaceva guardare il loro corpo. Inutile dire che ben presto il pubblico smise di venire ai suoi spettacoli, e gli unici su cui poté contare alla fine furono gli amici ed i parenti degli attori.
Non basta dire: “A me questo testo piace, dunque piacerà anche agli altri”. O scrivi per te stesso (legittimo), oppure miri a vedere sul grande schermo la tua storia. Un film funziona quando fa fare incassi, e per fare incassi deve piacere a tante persone.
Dunque, il primo principio basilare è “raggiungi più persone che puoi, per fare più soldi che riesci”. In altre parole:
Scrivi un film che valga la pena di essere visto.
Se sei uno sceneggiatore allora devi avere successo adesso, un successo commerciale. Non c’è mai stato uno scrittore di arte drammatica scoperto dopo la sua morte!
Scommetto che ora ti starai chiedendo: “Ok ho capito che devo puntare a vendere il più possibile…ma come si scrive un testo di successo? Cos’è che questi scrittori hanno messo dentro le loro opere per raggiungere tutto quel pubblico?”
La risposta è: sesso e violenza. Questo è il secondo principio.
2°
Sesso e Violenza
Metti nel tuo film quanto più sesso e violenza possibile.
Quando hai iniziato a leggere le prime righe di questo corso avresti mai pensato di sentirti dare questi consigli?
Non bisogna nascondersi dietro inutili moralismi e perbenismi. Non bisogna giocare ad “essere superiori”. Stiamo parlando di arte, di business. Il tutto è estremamente pratico e non dà spazio a chi non osa.
Ma lasciami spiegare cosa intendo quando parlo di sesso e violenza:Nel 1979 uscì il film Kramer contro Kramer, vincitore di 5 oscar. È la storia di una coppia che divorzia e si contende la custodia del figlio. Fisicamente non c’è nulla di cruento in questo film: niente sparatorie, niente inseguimenti automobilistici, niente pugni e, anzi, per alcuni punti di vista è un film piuttosto tranquillo. La cosa più violenta che si vede è il figlio che cade da una giostrina del parco giochi e si ferisce, il padre lo prende in braccio e corre al pronto soccorso. Questa è la cosa più violenta di tutto il film, e l’unica goccia di sangue che si vede è appunto quella della ferita del piccolo Billy.
Nonostante ciò Kramer contro Kramer in realtà è un film molto violento. Emozionalmente violento per quel che riguarda il conflitto tra i personaggi. È molto brutale: cosa ci può essere di più brutale di un uomo e una donna, una madre e un padre che lottano l’uno contro l’altro per la custodia del figlio? C’è stato un sondaggio tra gli psicologi Americani qualche anno fa, e verteva sulla domanda: “Di cosa hanno più paura i bambini?”. Leggendo i risultati di quella indagine si nota che i bambini Americani (ma ritengo si possa dire di tutti i bambini occidentali) non hanno paura di sparatorie, inseguimenti, pugni o schiaffi. Quello di cui hanno davvero paura i bambini è…il divorzio! Lo chiamano The Big D (la grande D). Sono terrorizzati dall’idea che i loro genitori possano separarsi! Sanno che dall’altra parte della strada il loro amico se n’è andato e torna soltanto nei week-end, che il padre non vive più lì e il figlio lo va a trovare ogni settimana. Vedono che la loro compagna di classe seduta quattro file più avanti sembra molto assente e distratta negli ultimi tempi; sanno che i suoi genitori stanno divorziando e lei ne sta soffrendo tantissimo, è molto triste e non ne vuole parlare.
Questo è il motivo per cui Kramer contro Kramer è un film di una violenza spaventosa.
Non è necessario che ci siano nel film sesso e violenza nel senso classico del termine, eserciti che si scontrano, stupri o sparatorie; può benissimo bastare il conflitto emotivo. Violenza emotiva.
Quanto sangue ricordi di aver visto in Bambi? Io non ne ricordo nemmeno una goccia. Però ricordo benissimo il disagio, la tensione e il dolore che si prova a guardare quel cartone animato quando, all’inizio, uccidono la mamma e lui deve scappare nel bosco, tremante, solo e piangente. La voce di Bambi che chiama spaesato la mamma, e lei non può più rispondere, è ancora adesso una delle scene più agghiaccianti che abbia mai visto. E si tratta di un cartone animato! Pure quelli hanno una gran dose di violenza al loro interno, e nonostante ciò più del 90% degli occidentali (di qualsiasi età) ha visto almeno uno di questi cartoni. Sono un classico. Sono fatti bene. Sono efficaci!
Adesso torno a citarti tragedie Greche e Shakespeare, e lo faccio per sottolineare quanto sia importante imparare dai capolavori del passato e rendere attuali i loro meccanismi.
Dunque, tornando nel passato, pensa al fatto che quelle Greche erano tragedie molto violente, sanguinose e brutali! Ad esempio Edipo Re: parla di un tizio che uccide il padre e va a letto con sua madre. Questa tragedia viene rappresentata ancora dopo 2500 anni. Una tragedia apparsa 500 anni prima di Cristo, e se ne parla tutt’ora! Se pensare ad un ragazzo che va a letto con la madre ti turba e ti da fastidio…beh, era proprio questo che Sofocle voleva ottenere. Non ho mai conosciuto Sofocle di persona, però ho studiato sceneggiatura teatrale, e se fai certi studi devi conoscere Sofocle. Sono abbastanza convinto che quando ha scritto Edipo Re pensava a come poter infastidire e creare scompensi nella gente.Una delle più grandi tragedie di tutti i tempi parla di un tizio che uccide il padre, va a letto con la madre e quando capisce cosa ha fatto si accieca. È una grande tragedia, e parla di sesso.
Prima ho citato Medea. Parla di una donna gelosa e del marito che la tradisce. Giasone tradisce Medea, si parte da un adulterio. Un inizio proprio leggero insomma! Un’altra grande tragedia, e si basa su: amanti, tradimenti e gelosie. Sai che fa Medea? Ammazza i suoi stessi figli; li cucina per cena! Spaghetti alla Medea, altro che Masterchef!
Passando a Shakespeare, anche le sue tragedie sono molto violente! Macbeth parla di un principe che uccide il proprio re mentre è ospite in casa sua. E lo uccide non certo per nobili ragioni, ma perché lui vuole essere re! Pura ambizione. E anche questo è violento, cattivo e brutale.
C’è un grandissimo produttore italo-americano morto pochi anni fa, Albert Broccoli, produttore di tutti i film di James Bond. Ogni volta che stava per uscire un nuovo episodio della serie 007 indiceva una conferenza stampa e diceva sempre la stessa cosa: “Sappiamo cosa vogliamo fare con questo nuovo James Bond: quello che vogliamo fare è non fare Macbeth – sceglieva sempre Macbeth come esempio – vogliamo soltanto intrattenere la gente.” Nessuno però gli ha mai chiesto: “Ha mai visto Macbeth? Ha idea di quanto intrattenimento dia Macbeth? Non sa quanto sangue, quanta violenza, quante porcherie ci son là dentro tali da rendere 007 un filmetto per suore di clausura?”
Tornando a Shakespeare: Riccardo III. Tra l’altro ne parlo con rabbia perché a Los Angeles ci fu una produzione di Riccardo III con Ian McKellen pochi mesi prima che arrivassi io, e ancora mi mangio le mani per essermela persa, ma tralasciamo. Cosa succede in questa tragedia? Il re uccide i suoi figli quando erano ancora piccoli; non sospetta nemmeno avessero fatto qualcosa di male, ma li rinchiude nella torre di Londra e li uccide. Ancora una delle più grandi tragedie di tutti i tempi.
Scott Kosar, uno degli ex studenti della UCLA, è uno dei maggiori autori di film horror, come ad esempio Non Aprite Quella Porta. Molti critici condannarono quel film, senza nemmeno averlo visto. Non sanno che in realtà è un film morale e pieno di princìpi. Pensano soltanto che i bambini americani passino troppo tempo a vedere film violenti. Perché non vanno a vedere Shakespeare invece? Cambierebbero subito idea su cosa sia le vera violenza.
Nessuno vuole andare a vedere Il Villaggio della Gente Felice e Serena! Quando andiamo al cinema non cerchiamo armonia, ma conflitto. Abbiamo bisogno di conflitto, e di solito quando i vari insegnanti che ho avuto chiedono: “Dov’è che necessitiamo di conflitto?” la risposta da dare è: “Ovunque”. Ogni singola scena deve avere conflitto, anche senza bisogno di eserciti, uccisioni o stragi. Un tizio vuole una cosa, un altro tizio ne vuole un’altra. Ecco il conflitto.
Se nel tuo film non vuoi mettere sesso e violenza dovresti per lo meno mettere una buona dose di conflitto.
Vorrei fare un chiarimento a questo punto: quando dico di mettere del sesso nella tua storia non parlo di metterlo “alla cinepanettone”, ovvero portare in scena momenti di nudo a casaccio, battute sconce, chiappe al vento e tette a volontà. Non confondere il sesso con la volgarità! Se ti può essere più chiaro te lo dico con altre parole: metti nel tuo testo tanta pulsione sessuale.
Sì ok Fabio, la fai facile! Ma come faccio effettivamente a mettere il conflitto (sessuale o violento) nel mio testo?
C’è un elemento chiave per far sì che in ogni secondo della storia ci sia conflitto: è il terzo principio basilare.
3°
Menzogna
Menti, menti sempre!
Spero di averti almeno un pochino spiazzato, perché ammetto che ci sto prendendo gusto!
Normalmente nemmeno questo ce lo si aspetta da un corso di sceneggiatura, ma è la verità riguardo l’efficacia della narrativa drammatica, ed il fatto che gli studenti che hanno abbracciato questi princìpi hanno avuto successo significa che funzionano.
Ricordi che all’inizio ti avevo parlato della differenza tra neorealismo e Hollywoodianismo? Eccola qui!
Ma perché proprio la menzogna?
Un film è la più grande bugia che sia mai stata detta nella storia dell’universo. Non c’è niente di più falso di un film.
Ad esempio i personaggi: non sono altro che attori che fingono di essere delle persone che chiaramente non sono. Si atteggiano in situazioni create e manipolate fin nei minimi particolari, come i vestiti, le acconciature, il trucco e così via. Recitano dialoghi imparati a memoria scritti da qualcun altro, e se sono bravi e la sceneggiatura è fatta bene riescono a dire le loro battute in modo che sembrino spontanee, appena venute in mente.
Basandoti sul concetto di menzogna puoi apprezzare maggiormente le scene, perché sai che quella che vedi per prima non è stata per forza girata per prima. Pure due inquadrature diverse, che tu vedi in meno di 6 secondi, possono essere state girate anche a mesi di distanza l’una dall’altra. Un personaggio sembra parlare con un altro, ma in realtà mentre giravano quel dialogo l’attore era da solo sul set, e la seconda metà del botta-e-risposta è stato girato il giorno successivo.
Il film è un ammasso di inquadrature messe in un ordine completamente diverso da quello in cui sono state registrate.
Tutto è falso.
C’è un film che vinse l’oscar come miglior film nel 1968, La Calda Notte dell’Ispettore Tibbs, dove ci sono due personaggi (un ispettore di colore e un contadino razzista) i quali ad un certo punto hanno uno scontro e il contadino razzista dà un schiaffo all’ispettore di colore, il quale risponde schiaffeggiandolo a sua volta. Qualche anno fa hanno dato un premio all’attore Sidney Poitier (l’ispettore) e durante i discorsi di complimenti Halle Berry disse: “Solo Sidney Poitier avrebbe avuto il coraggio di rispondere dando uno schiaffo a quel coltivatore.” Ma era scritto nella sceneggiatura!!! Halle Berry non ha mai fatto un film?! Nella sceneggiatura c’è scritto Tibbs dà uno schiaffo al tizio. Non ha niente a che fare col coraggio.
Quello della Berry è stato un bel tributo non tanto a Poitier ma allo sceneggiatore (Stirling Silliphant, premio oscar come miglior sceneggiatura non originale per quel film), tanto che perfino una professionista come lei ha pensato che il gesto dell’ispettore Tibbs fosse spontaneo e naturale!
I film sono menzogne! Non si muovono nemmeno! Un film non è altro che una serie di immagini, foto che non si muovono! L’unico movimento che c’è è quello del trascinatore che fa scorrere la pellicola…e nemmeno lo vediamo il trascinatore! Un proiettore funziona così: otturatore chiuso – otturatore si apre – passa la luce e il fotogramma viene “proiettato” – otturatore si chiude – trascinatore fa scorrere in giù la pellicola, preparando il fotogramma successivo – e si riparte da capo. Se abbiamo una velocità standard di 24 fotogrammi al secondo, si pensa che ogni fotogramma stia sullo schermo per 1/24 di secondo. Bada bene: è l’intero ciclo che occupa 1/24 di secondo! Cioè fotogramma-otturatore si chiude-trascinamento pellicola – ecc. Ti ho dato un sacco di noiose nozioni tecniche, ma quello che volevo farti capire è che per poco più di metà di questo ciclo noi vediamo l’otturatore chiuso. In pratica per la maggior parte del ciclo l’otturatore è chiuso e noi vediamo…vediamo nero! Su 100 minuti di film, per più di 60 siamo al buio! Il 60% del tempo! Noi vediamo più nero che immagine, e ce ne stiamo seduti al cinema, senza vedere niente, tutti contenti. Queste cose non te le dicono quando vai a comprare il biglietto.
Rendo l’idea di quanto i film siano falsi?
Se il pubblico volesse vedere la verità, se la vedrebbe gratis gironzolando per le strade. Se invece viene al cinema è perché vuole un po’ di sana menzogna.
Quando sento sceneggiatori che dicono di voler raccontare la verità so già che leggerò un testo che avrà dialoghi sconclusionati, non a fuoco. Ci saranno tantissime “pause focalizzate”, cioè gli Uhm, gli Ah, gli Eh. Ma la pause focalizzate sono il modo reale in cui parliamo, e se volessimo essere realistici ce ne sarebbero un mucchio nella sceneggiatura. Se chiedessi a questo sceneggiatore il perché di tutte queste pause focalizzate, lui risponderebbe: “Perché è il modo in cui parliamo realmente! È la verità”.
Ma cosa c’è di male nel modo in cui parla veramente la gente? Perché non posso mettere nel film il vero modo di parlare della gente?
Per una ragione ben precisa: è noioso!
Oggi, dopo aver finito di scrivere questo paragrafo, magari andrò al bar a bere una birra, magari incontrerò alcuni amici e parleremo. Io dirò: “Ehi come va?” e loro risponderanno: “Ehi Fabio, tutto bene, e tu?” e io risponderò: “Anche io tutto bene! Oggi è la festa del papà, farete qualcosa di particolare?” e loro diranno: “Ah sì faremo una cena, vengono pure i miei fratelli. E tu?” e io risponderò: “Andremo a cena in un buon ristorante Cinese qui a Verona” e probabilmente parleremo di sport, o di qualsiasi cosa, ed è estremamente vero, attuale…e dannatamente noioso! Mi sono annoiato io scriverlo, figuriamoci tu a leggerlo! Interessa solo a quelli che stanno avendo la conversazione, passa il tempo e non è un male, ma in un film bisogna sempre portare avanti la storia e catturare l’attenzione del pubblico!
Il dialogo deve solo apparire vero, non deve essere vero.
Il peggior peccato che un artista possa commettere è annoiare. Quando vado a vedere un film preferisco essere insultato, sollecitato, sorpreso, ma mai annoiato!
Parlando di dialogo, un dialogo deve raggiungere due obbiettivi:
- Deve meritare di essere ascoltato per la sua bellezza, dev’essere divertente, avere ritmo, cambi di tono.
- Deve portare avanti la storia, deve parlarci dei personaggi, darci informazioni nuove.
Quindi non è assolutamente un dialogo vero, reale.
Molto spesso il voler dire la verità, il voler essere aderenti alla realtà, rovina la storia. Te lo dico per sottolineare ancora che il cercare forzatamente la verità nelle tue sceneggiature ti limita tantissimo.
La vita reale è dannatamente noiosa rispetto ad un film. E per fortuna! Se la vita reale fosse incredibilmente avventurosa, ogni giorno mille emozioni nuove e sconvolgenti, senza mai un attimo di tregua…non avremmo bisogno né dell’arte né dei film.
Uno scrittore è il Dio della sua storia. Può far accadere quello che vuole come vuole; non deve dare giustificazioni a nessuno, non deve per forza attenersi alla logica della vita reale.
Dunque ricorda che i film sono finzione!
Non devi scrivere qualcosa che sia reale; devi scrivere qualcosa che sia verosimile.
L’unica cosa assolutamente vera in un film sono le emozioni.
“Come fai a dimostrarmi che sei vivo?”
Può sembrare una domanda senza senso, eppure è ciò che si chiedono filosofi, scienziati e psicologi di tutto il mondo da secoli e secoli.
Ci è voluto del tempo, ma sembra abbiano trovato una risposta: sei vivo in quanto provi emozioni.
Senza andare a scomodare Parmenide, Hegel o Freud ti chiedo di riflettere un momentino, e di riportare alla mente i momenti che hai vissuto in cui ti sei sentito veramente vitale, pieno di energia, connesso col mondo. Se ci riesci scoprirai che sono momenti in cui provavi una forte emozione. Magari era gioia, magari era amore, magari era rabbia. Ma un’emozione c’era, ed era potentissima.
Infatti l’essere umano per sentirsi vivo ha bisogno di sperimentare forti sensazioni ed emozioni.
È per quello che sono nati gli sport estremi. Ed è sempre per quello che è nato il teatro e poi il cinema.Le emozioni sono come i muscoli, e hanno bisogno di essere allenate ed esercitate di tanto in tanto. Ecco che allora teatro e cinema diventano le migliori palestre esistenti! E tu, in quanto sceneggiatore, sei un personal trainer per il tuo pubblico. La gente entra al cinema non per allenare la logica, la ragione o l’intelletto; vuole allenare la passione. Invece di bilancieri, pesi e panche hai una tastiera, una cassa audio ed un proiettore.
Nella preistoria l’uomo doveva cacciare i bisonti o i mammut, animali enormi impossibili da uccidere con la sola forza bruta. Si dovevano quindi organizzare dei piani di caccia, delle strategie, che comunque implicavano il trovarsi faccia a faccia con queste creature gigantesche ed imbizzarrite. L’uomo preistorico ha dovuto vincere l’emozione della paura, l’ha dovuta domare altrimenti gli sarebbe stato impossibile cacciare.Per allenarsi ad affrontare questa emozione dipingeva animali e scene di caccia sulle pareti delle grotte, e creava dei percorsi al loro interno dove il cacciatore doveva abituarsi a passare, e alla luce delle fiaccole le immagini sembravano prendere vita. Un po’ come il castello degli orrori nei nostri luna park. Una volta imparato ad affrontare quell’ambiente era pronto per la caccia vera e propria.
Ai giorni nostri invece qual è la paura da sconfiggere? Il terrorismo? Gli omicidi? Gli incidenti mortali in macchina?
Tutti e tre, ed altri ancora. E ora ti faccio un’altra domanda: quali sono le scene più comuni nei film?
Sono quelle che prevedono attacchi terroristici, uccisioni ed omicidi, inseguimenti, incidenti ed esplosioni di automobili.
Il cinema di oggi è esattamente come le grotte della preistoria!
Mettiamo in scena le paure più grandi per essere in grado di affrontarle nella vita reale!
Gli omicidi, i terroristi e gli incidenti sono i moderni bufali e mammut. Non li dipingiamo, ma li riprendiamo con una cinepresa.
Lo stesso vale per le emozioni belle e positive, ma che grazie alla tecnologia siamo sempre meno abituati a sperimentare.
Ormai non c’è più il brivido del primo approccio con una ragazza: le si chiede se ha Facebook, WhatsApp, poi le si scrive fino ad organizzare un incontro.
Quand’è che allora impariamo a gestire l’emozione dell’amore? In buona parte lo impariamo dai film.
In quanti dicono di volere una storia d’amore come Romeo e Giulietta? Tantissimi, ma non ho mai sentito nessuno desiderare una relazione come Simone e Gioia (due miei amici, bellissima coppia, ma persone normalissime). I nostri riferimenti sono spesso quelli dei libri, del teatro e del cinema.
La sala cinematografica dunque non è soltanto una palestra per le emozioni, ma è anche una scuola, un’aula scolastica per le passioni.
La nostra sopravvivenza come specie dipende dalla nostra capacità di affrontare e analizzare emozioni profonde ed intense.
Se vuoi fare lo scrittore ricorda che è un’arte che fa parte di un business ben preciso: il business delle emozioni.
Le emozioni sono tutto quello su cui si incentrano film ed arte in genere. Non fatti, ma emozioni. Tutto quello che devi fare in quanto sceneggiatore è trasmettere una potente emozione al pubblico. Non per forza li devi far sentire bene, puoi farli piangere, spaventarli, insultarli.
Stai gironzolando per strada e vedi una persona che cammina a fatica, ha il fiatone e barcolla. Allora chiedi se va tutto bene, la sorreggi, magari l’accompagni fino ad una fermata del bus lì vicino, stai per chiamare un’ambulanza perché questo tizio non si riprende, quando lui ti dice: “No no tranquillo, sto bene…grazie per avermi aiutato! Il fatto è…che sono appena uscito dal cinema; ho visto questo film che mi ha veramente scosso, turbato, distrutto e sto ancora tremando. Ma ora sto bene”. A questo punto non vorresti vedere questo film? Dovresti assolutamente andare a vederlo, perché evidentemente è fatto molto molto bene!
Durante il master alla UCLA andai a Westwood (un “quartiere” dell’università), e passeggiando passai vicino ad un cinema dove era appena finita una proiezione. Tra le persone che uscivano vidi una studentessa Americana che avevo conosciuto alla mensa del dormitorio il giorno prima. La chiamai per chiederle come fosse quel film e lei rispose: “Sicuramente…è un film importante”.
Non andai a vederlo. Non voglio vedere un film importante, voglio vedere un film bello! E la stessa cosa vuole il tuo pubblico.
Se ad esempio, camminando per la tua città, vedessi uscire delle persone che piangono disperate da un cinema, non vorresti forse andare a vedere quel film? Non ti scatenerebbe curiosità? Non ti verrebbe, anche solo inconsciamente, da pensare che quel film dev’essere fatto proprio bene?
RIEPILOGO
- Raggiungi il più ampio pubblico possibile
- Vendere molto non significa avere scarsa qualità artistica
- Scrivi qualcosa che valga la pena di essere visto
- Metti nel tuo film quanto più sesso e violenza puoi
- La violenza più efficace al cinema è la violenza psicologica, emotiva
- Il sesso non è volgarità; vedilo come “pulsione sessuale”
- Il pubblico non vuole armonia; cerca conflitto!
- I film sono menzogna
- Non cercare di ricreare la realtà: risulteresti noioso
- Piuttosto che cercare di essere reale, cerca di essere verosimile
- Mai annoiare il pubblico!
- L’unica cosa vera in un film sono le emozioni
- Impariamo a gestire le nostre emozioni attraverso i film o i libri, dunque tu sei un insegnante per chi guarda o legge la tua opera
ESERCIZI
- Chiedi ad un tuo amico o parente di raccontarti cosa ha fatto durante il giorno al lavoro, a scuola o facendo della commissioni.
– cerca di contare (a mente, senza interromperlo) quanti ehm, uhm ed eh pronuncia durante il suo racconto
– ora racconta tu a quella persona un recente episodio (anche banale) che hai vissuto, però raccontalo SENZA usare intercalari (gli ehm, uhm ed eh). Chiedi a quella persona di prendere nota se per caso ti capita di dirne qualcuno
- Scrivi un breve racconto su una ragazza Cinese costretta a lavorare 15 ore al giorno in uno scantinato in una sartoria illegale. Descrivi il clima oppressivo e disumano che un posto del genere può avere.
- Inventa una nuova tortura che NON preveda alcun contatto fisico col torturato, né che gli procuri dolore fisico. (Un aiutino: sto parlando di tortura psicologica)
- Scrivi un brevissimo racconto su una coppia che si trova al ristorante con amici. I due sono ai capi opposti del tavolo e devono comunicare l’uno all’altra che han voglia di fare l’amore. Ovviamente non possono toccarsi, e…ricorda che sono in un ristorante con altre persone! Escogita dei modi, gesti o frasi allusorie coi quali i due possono stuzzicarsi a vicenda.
FILM DA GUARDARE: Kramer Contro Kramer
Concentrati sulla violenza emotiva di questo film. Prendi appunti su quali momenti ti han procurato fastidi o compassione per uno dei personaggi, poi torna indietro e vai ad individuare i punti esatti dove hanno avuto origine quei tui fastidi o dispiaceri.