Ora che sai come scrivere un film devi scoprire come far diventare gli altri professionisti (registi, attori, costumisti, produttori…) i tuoi migliori colleghi.

 

Ti voglio fare un piccolo test per capire se hai una mentalità adatta per un ambiente come Hollywood.

Rispondi sinceramente a queste domande con un “sì” o un “no”:

  • Quando si è venuto a sapere che la Littizzetto ha preso 2 milioni di euro per fare da spalla a San Remo ti ha dato fastidio? Ti sei sentito indignato? Hai pensato: “è una vergogna, una persona non dovrebbe prendere una cifra esorbitante per un lavoro stupido come quello!”
  • Ti fa rabbia sentire che i calciatori guadagnano milioni mentre ci sono persone che muoiono di fame?
  • Ti sembra eccessivo che uno sceneggiatore, negli USA, possa guadagnare anche qualche milione di dollari per una singola sceneggiatura?

Se hai riposto “sì” a tutte e tre allora c’è un problema di fondo che è meglio andare a risolvere prima di affrontare un lavoro come quello dello sceneggiatore, specialmente a Hollywood.

Se hai risposto “sì” solo alle prime due domande allora il problema è ancora più grosso, perché oltre a non essere allineato con la mentalità Americana hai pure una incongruenza dentro di te.

Quello che ti spiegherò sullo show business può sembrare poco etico ed inconcepibile per chi non ci ha mai lavorato. Permettimi dunque di spiegarti cosa vuol dire fare l’artista, e perché i suoi guadagni sembrano così alti.

Se di lavoro fai l’artista sai che:

  • Non hai vacanze pagate.
  • Non hai malattia pagata.
  • Non hai maternità.
  • Non hai aspettativa.
  • Non hai permessi sul lavoro.
  • Non hai giorni di riposo.
  • Non hai assicurazione sanitaria (questo riguarda il lavoro negli USA).
  • Non hai lavoro continuativo, puoi rimanere anche anni senza un ingaggio.
  • I sindacati degli artisti sono ridicoli. Si può quasi dire che non hai diritti.
  • I contributi, pensione e tasse devi pagarteli tu.
  • Non ci sono ammortizzatori sociali (cassaintegrazione ad esempio).
  • La disoccupazione è difficile averla (specialmente in Italia).
  • Devi continuamente seguire corsi e seminari di perfezionamento altrimenti non ti ingaggia più nessuno.
  • Tali corsi e seminari costano un occhio della testa, e ovviamente te li paghi tu.
  • Prima fai tutto il lavoro, poi forse verrai pagato.

Inoltre ricorda che

  • Un tuo lavoro può creare centinaia di posti di lavoro.
  • Attorno un tuo lavoro si può sviluppare un giro d’affari totale di svariati miliardi di euro. (Non è raro che un film faccia più di 500milioni di incasso, più qualche centinaia di milioni dagli sponsor, più gli stipendi della troupe e degli artisti per altre diverse centinaia di milioni di euro, più la vendita di DVD e dei diritti di immagine e tanto altro ancora.)
  • È difficile trovare qualcuno che possa sostituirti, sei unico.

Ora prendiamo in esame un lavoro “normale” da dipendente.

  • Hai vacanze pagate.
  • Hai malattia pagata.
  • Hai maternità.
  • Hai aspettativa.
  • Hai permessi sul lavoro.
  • Hai giorni di riposo.
  • Hai assicurazione sanitaria (questo riguarda il lavoro negli USA).
  • Hai lavoro continuativo, sai benissimo che per tot anni lavorerai.
  • I sindacati ti tutelano, hai dei diritti.
  • Hai degli ammortizzatori sociali, come la cassaintegrazione.
  • Hai la disoccupazione.
  • I contributi, pensione e tasse le paga il tuo titolare. Se in busta paga tu avessi tutti i soldi che deve sborsare il tuo titolare per te vedresti che il tuo stipendio è davvero molto molto simile a quello dei tanto odiati artisti.
  • Una volta assunto non serve che ti migliori, a meno che tu non voglia far carriera.
  • Verrai pagato ogni mese con una cifra che sai sin dall’inizio.

Inoltre ricorda che

  • Il tuo lavoro non crea altri posti di lavoro.
  • Attorno un tuo lavoro non si crea un giro d’affari degno di nota.
  • Sei sostituibile in qualunque momento.

Lo so, lo so, ho generalizzato però il concetto è chiaro.

Un artista ha ingaggi tanto alti perché il valore che apporta è tanto grande.

In oltre non avendo nessun tipo di garanzia o sicurezza né economica né lavorativa prende più soldi perché se li dovrà far bastare per chissà quanto tempo, e deve farci rientrare tutti i tipi di spese fiscali possibili ed immaginabili.

Anche un calciatore segue una dinamica simile: se grazie a lui la società guadagna, tra trofei, biglietti delle tribune e sponsor, duecento milioni di euro è normale e giusto che a lui ne spettino due o tre.

Tu al tuo capo fai guadagnare duecento milioni di euro? Non credo. Non è una offesa, sia chiaro! Questo non vuol dire che il tuo lavoro valga poco! Devi però metterti nell’ordine di idee che l’arte e il business sono strettamente legati (come spiegavo nel modulo I Tre Princìpi Segreti) e che ci sono molti più soldi che girano dietro un film rispetto ad un ufficio di contabili o ad un negozio di profumi.

Quando riuscirai ad accettare e comprendere questa cosa allora potrai puntare ad una carriera nell’arte. In caso contrario meglio se ti limiti a produzioni indipendenti, amatoriali o a scrivere per hobby.

Nel caso dei guadagni dell’artista che ho portato come esempio qui sopra ho fatto riferimento a superstar e VIP. Per chi invece non raggiunge la vetta rimangono invariati i lati negativi, mentre spariscono quelli positivi. Un inferno insomma.

Come attore professionista in uno dei momenti migliori della mia carriera sono arrivato a portare a casa mille euro al mese lavorando tutti i giorni per diversi mesi di fila (intendo senza giorno di riposo). Il record credo sia stato 1200€. Per il resto gli introiti medi si aggiravano sugli 800€ al mese, fino a crolli a 200€.

La carriera artistica è economicamente terribile se non sei tra i top. La maggior parte dei miei colleghi che sopravvivono facendo gli attori o sono ricchi di famiglia, o hanno appartamenti dati in affitto che garantiscono degli introiti, o convivono con un partner con un lavoro “normale”. Ci sono tutte le eccezioni del caso, certamente, però è per questo che i guadagni degli artisti non rientrano nella logica del lavoro classico.

 

Regista e Sceneggiatore

Una grande differenza tra Italia e Stati Uniti è il settore dell’istruzione. Il nostro sistema scolastico è tanto diverso dal loro, e non parlo solamente dei vari “livelli di scuola” (elementary, middle ed high school) ma mi riferisco ai programmi scolastici.

Dovrei scrivere un corso a parte per spiegare tutto nei dettagli, ma ti basti sapere che tra le loro materie è previsto teatro. In oltre sono incentivati i club doposcuola tra i quali uno dei più gettonati è quello del cinema.

Proprio per questo i ragazzi Americani sin da piccoli hanno modo di avvicinarsi al mondo dell’arte, e grazie a insegnanti qualificati e con esperienza imparano a conoscere i vari aspetti di una produzione teatrale o audiovisiva.

Noi invece quando siamo fortunati abbiamo dei corsi di teatro a scuola, spesso tenuti dagli stessi insegnanti delle altre materie. Ricordo che alle medie era il professore di religione a gestire il mio gruppo di teatro. Assurdo!!!

Insomma, senza una chiara guida cresciamo senza la più pallida idea di come si lavori nell’arte, ed ecco che la figura del videomaker viene scambiata per quella del regista.

Ho avuto a che fare davvero con decine e decine di ragazzi (sia ai miei corsi, sia come contatto via email in cerca di consigli) e quando chiedevo loro quale fosse il ruolo che ricoprivano all’interno della produzione la maggior parte di loro rispondeva: “regista!”

Quello che in realtà avrebbero dovuto dire è “videomaker”.

  • Il videomaker è una persona che copre più ruoli contemporaneamente: è sia il regista, che sceneggiatore, che operatore (cameraman), che direttore della fotografia, che montatore del suo video.
  • Un regista invece ha un ruolo ben definito: gestisce troupe, attori e montatori, è il “capitano” durante le riprese. Tutto il resto, la parte pratica, è delegato ai rispettivi reparti.

Un videomaker si occupa anche di sistemare le luci della scena; un regista spiega come le vuole al direttore della fotografia il quale si occupa di realizzare quanto indicato.

Un videomaker sta dietro la telecamera a riprendere; un regista spiega come vuole l’inquadratura all’operatore o al direttore della fotografia i quali si occupano di manovrare cinepresa e attrezzatura. Un regista va dietro la cinepresa solo per controllare ed approvare una inquadratura (anche se oggigiorno usano quasi tutti degli schermi LCD in collegamento remoto, così possono controllare cosa viene inquadrato comodamente seduti da una parte).

Aggiungo a tutto questo anche uno strano fenomeno che io chiamo “videomaker Italiano”. Un “videomaker Italiano” è un videomaker che non delega niente non perché non ha qualcuno a cui delegare, ma perché è orgoglioso, vuole la gloria tutta per sé, pensa di essere l’unico a capirci qualcosa di cinema. Comanda a bacchetta gli altri e pretende di avere tutto sotto controllo.

Il “videomaker Italiano” crede che l’unico modo per realizzare una scena come dice lui sia quello di farsela da solo.

Non sai quanti di questi “videomaker Italiani” ho visto negli ultimi anni. Ho provato ad aiutarne un paio facendo da produttore esecutivo nei loro lungometraggi, ma è stato tutto inutile. Il loro orgoglio era tale da impedirgli di ascoltare il benché minimo consiglio.

Ne ho parlato un giorno con delle giovani matricole della UCLA, e la loro reazione è stata più o meno questa: “Come sarebbe a dire che non delegano niente a nessuno?! Davvero c’è gente che pensa di poter coprire ogni ruolo di una produzione? Cioè fammi capire…questi tizi prima istruiscono gli attori, poi piazzano il microfono, poi sistemano le luci, poi si mettono dietro la telecamera e riprendono la scena, poi controllano il girato e poi lo montano!? E, di grazia (non era proprio questa l’espressione che hanno usato), cosa pensano di ottenere lavorando in una maniera così stupida?”

Ecco quello che un ragazzo Americano di appena 19 anni pensa di un “videomaker Italiano”.

Chi cresce con la giusta concezione di produzione audiovisiva sa che è importantissimo riconoscere e valorizzare le competenze di chi collabora con te.

Perché mi stai dicendo tutto questo?

Caspita hai ragione! Mi sono infervorato e ho perso di vista il concetto di fondo.

Tutto questo discorsone era per dire che è importantissimo distinguere ciò che può fare un regista da ciò che può fare uno sceneggiatore. E in Italia facciamo fatica a comprenderlo se non frequentiamo dei corsi professionali.

La divisone dei due ruoli l’ho sottolineata più volte in diversi moduli di questo corso, ma preferisco puntualizzare e specificare meglio perché deve esserti estremamente chiara.

Un esempio che adoro portare è la scena del balcone in Romeo e Giulietta (sarà anche l’orgoglio di essere Veronese che me l’ha fatta scegliere).

Con quella scena, nota a tutti, è facile far capire dov’è il limite della sceneggiatura e dove quello della regia. Guarda le foto, tratte da video di Youtube, qui sotto. Tutte quante sono prese nel momento del celeberrimo “Oh Romeo Romeo, perché sei tu Romeo?”.

Scrutale, analizzale.

Io ti aspetto subito dopo e ti faccio qualche domanda.

 
 
 

Cosa hai notato di “diverso” tra le varie scene?

Tutte hanno la stessa sceneggiatura, la stessa battuta “Oh Romeo Romeo, perché sei tu Romeo?”, eppure qualcosa cambia.

Sicuramente l’avrai notato, ma te lo dico lo stesso: le posizioni in scena e la postura del corpo di Romeo e di Giulietta cambiano ogni volta.

Cosa vuol dire questo? Vuol forse dire che la storia è stata cambiata? Che gli atteggiamenti o le reazioni dei personaggi sono diverse? I loro rapporti cambiano da spettacolo a spettacolo? Decisamente no. Vuol semplicemente dire che ad essere diversa è solo la regia!

Tutte e quattro le scene che vedi in foto sono state create sulla stessa sceneggiatura.

Quando negli scorsi moduli ti ho detto di mettere solo le informazioni fondamentali nel tuo testo, e di lasciare agli altri professionisti la libertà di lavorare con le loro competenze mi riferivo proprio a questo.

La mia regia di Romeo e Giulietta sarà diversa dalla tua, eppure entrambi rispettiamo al 100% il testo originale di Shakespeare.

Sto scrivendo questo corso cercando di darti delle informazioni che possano farti raggiungere il successo al massimo livello, ma so che molti tra quelli che lo leggeranno partono da zero, magari non hanno mai avuto alcuna esperienza professionale.

Non è un male, non fraintendermi, tutti siamo partiti così, ma se vedi che spiego i fondamenti dello spettacolo non lo faccio per offendere la tua intelligenza; lo faccio perché voglio fornire a tutti una base di qualità ed estremamente solida.

Se sei arrivato a leggere tutti questi moduli è molto probabile che tu abbia nel sangue l’attitudine giusta, ma dopo questo ti dovrebbe essere più chiaro se il mestiere dell’autore e dello scrittore può essere adatto a te.

 

RIEPILOGO

  • Un artista non ha una vita facile: il lavoro non è continuativo e non è sicuro, non si hanno aiuti fiscali o statali, la concorrenza è spietata.
  • Ma ci sono tanti lati positivi!
  • I guadagni di un artista sono in base al valore economico che esso porta alla casa di produzione.
  • I guadagni di un artista non rientrano nella logica del lavoro “classico”.
  • La sceneggiatura è ben diversa dalla regia, anche se in Italia capita che facciamo fatica a capire la differenza.

ESERCIZI

  • Prendi uno dei testi che hai scritto per gli esercizi precedenti. Fai uno schizzo, un disegno della scena così come te la sei immaginata.
  • Ora fai altri schizzi e altri disegni della stessa scena (non cambiare nulla di quello che hai scritto) e prova a vedere in quanti altri modi si potrebbe rappresentare o girare quello che hai scritto.
  • Se proprio non ti viene in mente alcuna scena o testo, usa quello che ho messo alla fine del modulo Sceneggiatura ed Impaginazione.