Le Due Regole Base

Che cos’è una “regola” per uno scrittore? Non è un limite od un freno.

Una “regola” è lo strumento col quale costruire la propria opera d’arte, e uno scrittore ne ha ben due!

 

Ciao, ben ritrovato

In questo modulo ti svelerò le due regole per rendere la tua storia accattivante e coinvolgente. Non sto parlando di impaginazione, di come costruire il personaggio o dei dialoghi. Quelle sono cose importantissime e che vedremo nei prossimi moduli, ma adesso voglio che ti concentri su ciò che viene prima di tutto.

Cosa ci potrebbe mai essere di così basilare da dover essere studiato prima ancora di iniziare a scrivere la tua sceneggiatura? Le risposte sono due:

  1. Il cosa
  2. Il come

ovvero: cosa devi scrivere nella tua storia, e come devi scriverlo.

Vorrei che leggessi con molta attenzione le prossime righe, perché è da queste che parte tutto il corso.

Se non riesco a passarti per bene le informazioni riguardo il cosa e il come scrivere purtroppo non sarò in grado di farti capire nemmeno le prossime lezioni.

Inoltre questo modulo è più che mai perfetto sia che tu voglia pubblicare un libro di successo sia che punti a scrivere per il grande schermo. Non ho mai frequentato corsi di scrittura in prosa, ma dopo aver appreso queste regole ho cominciato a leggere i libri di grandi scrittori facendo ben attenzione a capire se l’autore le conoscesse. E, in realtà senza molta sorpresa, le conosceva! Tutti i best seller che trovi in libreria seguono queste regole! E ovviamente lo stesso vale per i film.

Non si tratta dunque di tecniche o finezze relative al cinema. Ti spiegherò le basi della narrazione!

Ma basta con le presentazioni, andiamo diretti al sodo!

Per diventare scrittori di successo ci sono due regole:


Personale

Scrivi qualcosa che sia personale. È il cosa devi scrivere.
Nel corso degli ultimi anni sono spuntati come funghi tantissimi “insegnanti di sceneggiatura”. La maggior parte di loro sono scrittori frustrati che non riescono a vendere nemmeno un libro o un copione, e allora insegnano. Spesso hanno pure studiato, quindi qualche informazione utile la danno, ma può capitare che si inventino di sana pianta delle “regole” nuove, dato che con quelle ufficiali non sono riusciti a cavare un ragno dal buco.

Questo è un enorme danno per quelli sventurati che seguono le loro lezioni, perché verrà loro insegnata una visione completamente distorta dell’arte della scrittura!

L’errore più frequente che viene passato da questi pseudo insegnanti è che “uno scrittore non deve MAI scrivere la propria storia”.
Ebbene, stando all’esperienza di sceneggiatori di successo mondiale è esattamente il contrario!

Quella che scrivi deve essere per forza la tua storia!!! Devono esserci delle parti di te!

Se hai una buona memoria ricorderai che nel modulo che hai già letto avevo detto che uno dei difetti del cinema Italiano era che troppo spesso gli sceneggiatori mettevano pezzi della loro vita sullo schermo.

Non mi sto contraddicendo, ma è giusto che ti spieghi meglio:

Indipendentemente dal soggetto, dalla trama e dai personaggi, un buon scrittore deve filtrare qualsiasi storia attraverso la sua esperienza personale.

Attento, ho detto filtrare, non riportare per filo e per segno. Ecco la differenza con gli sceneggiatori Italiani.
Ti porto subito, per essere più chiaro, un esempio di cosa vuol dire questo filtrare:

Il mio professore di sceneggiatura, Richard Walter, da giovane ha studiato alla USC (University of South California. La diretta rivale della UCLA) in classe con George Lucas. Penso non serva te lo ricordi io, ma Lucas è quello che ha scritto Star Wars.

La prima domanda che mi sono fatto a questo punto è stata: ma Star Wars è una storia personale? Contrariamente a quello che potevo pensare sì, lo è. E pure molto.

Durante gli studi Lucas, insieme a Francis Ford Coppola, fondò la American Zoe Trope, una grandiosa rivista riguardo il cinema e le sceneggiature. Ai tempi il padre di George Lucas era un rappresentante di una impresa che produceva macchine fotocopiatrici. Francis, che era sempre in cerca di buoni affari, chiese a George se suo padre poteva fargli un buon prezzo su una macchina fotocopiatrice per stampare la rivista. E George rispose: “Non chiedermi di interpellare mio padre per alcun tipo di favore! Non vado d’accordo con lui”.

In effetti il rapporto tra i due era disastroso, tanto che sin da bambino George aveva preso l’abitudine di andare via di casa qualche ora al giorno pur di vedere il meno possibile il genitore.

Sì ok va bene Fabio, ma l’aspetto personale di Lucas in Star Wars dove sarebbe?

Chi è il cattivo in Star Wars? Darth Vader.

Iniziamo dalla prima parte del nome: Darth. Ora…non serve essere madrelingua inglese per trovare il collegamento tra Darth e dark (“scuro” in inglese). Dunque Darth assomiglia terribilmente a “scuro” o “oscuro”.

Passiamo a Vader. Anche qui basta aver studiato un minimo di tedesco per riconoscere una somiglianza tra Vader e Vater, che altri non è che “padre” in tedesco! E se proprio non ti piace il tedesco ritorniamo sull’inglese, e ti faccio notare che father (padre) è una parola inglese davvero molto somigliante a Vader, non trovi?.

LucasDarth Vader è un dark father, un padre oscuro. Il padre di George Lucas.

Già dal nome si capisce come il cattivo sia padre. Ed ecco l’elemento che rende terribilmente personale quella storia.

Se fosse stata scritta “all’italiana” il cattivo sarebbe stato un malvagio venditore di fotocopiatrici che vuole conquistare il mondo e che non sopporta suo figlio perché gli rallenta gli affari.

Da un lato abbiamo un filtro della vita dell’autore; dall’altra la vita stessa di chi scrive.

Spero si capisca la differenza.

Ora veniamo al più famoso protagonista della saga: Luke Skywalker. Cosa ci può essere di personale in un personaggio del genere da poter essere legato a George Lucas?

Non ti do la risposta, ti do degli indizi. George di cognome fa Lucas. La sua casa di produzione è la Lucasfilm. La sede della Lucasfilm è sulla Lucas Valley Road. Il protagonista di Star Wars si chiama Luke. Direi che non serve aggiungere altro, no? George Lucas è il protagonista di Star Wars!

Ah, nota anche che Darth Vader (il padre di George Lucas) nel film è il padre di Luke (George stesso). Pure la relazione protagonista/antagonista è personale!

La storia che scrivi dev’essere la tua storia, anche se pensi che non lo sia.

Il professor Walter mi fece anche un altro esempio di come si possa rendere personale una storia, e questa volta l’ho potuto potuto constatare di persona.

Un professore della facoltà di medicina della UCLA tanti anni fa stava scrivendo un libro sulle cure alternative, e chiese al mio prof una revisione del libro per cercare eventuali errori. Il primo capitolo iniziava così:

Nell’ultimo secolo nella storia Americana c’è stato un amplissimo spettro di possibilità di cure alternative. In questo libro si approfondirà ogni singolo metodo.

Il prof. Walter si chiuse in una stanza per tre ore col suo collega di medicina, gli parlò dell’importanza di rendere personale quel racconto. Ora se compri quel libro scoprirai che comincia così:

Nel 1986 mio figlio rimase bruciato e ustionato gravemente in un terribile incidente domestico e i dottori dissero che si sarebbe dovuto fare un trapianto di pelle nelle zone ustionate. Il bambino sarebbe dovuto rimanere dieci giorni in ospedale, e per evitare che si grattasse la parte lesa lo avrebbero dovuto legare al letto. Sarebbe stata una scena così disturbante per i parenti che a nessuno sarebbe stato concesso di vederlo durante quel periodo. Immaginate un bambino di tre mesi legato a letto per dieci giorni? Dire ad un bambino di tre mesi “Stai lì per dieci giorni” sarebbe come dire ad un adulto “Stai lì per otto anni e non muoverti”. Non era accettabile per me e mia moglie, quindi abbiamo cominciato ad informarci a proposito dell’Aloe Vera. Abbiamo portato a casa nostro figlio e lo abbiamo curato noi con l’Aloe Vera.

Puoi capire come, una volta che la storia diventa personale, acquisisca tutte le capacità per diventare di successo.

Ci sono miriadi di seminari e corsi su come diventare buoni scrittori, e c’è un tizio di cui non farò il nome, che riscuote molto successo, che nei suoi seminari dice di non scrivere assolutamente la propria storia nelle sue opere, è una cosa da femminucce. Secondo lui per qualche motivo le donne tendono sempre a scrivere la propria storia personale.

Ed ecco l’errore: se scrivere cose personali fosse sbagliato, vorrebbe dire che le donne sono scrittrici pessime rispetto agli uomini.

È una visione sessista. Anche io ho una visione sessista…ma al contrario! Credo che le donne siano scrittrici migliori di noi uomini. La società occidentale, ma non solo, permette alle donne di essere più intime le une con le altre, si scambiano tantissime informazioni sulla propria vita personale. Gli uomini parlano di argomenti “sicuri” come sport, macchine e tecnologie. Ah…e tette. Non dimentichiamo le tette!

Il pubblico non vuole storie “sicure”, tranquille e lineari. Vuole personaggi agitati, profondi, che rivelano la loro intima natura.

Se uno scrittore dimentica di rendere personale il suo testo, non importa quanto bene abbia seguito le regole dei tre princìpi segreti, di quanto bene abbia applicato gli altri vari strumenti e trucchi (che vedrai tra poco) mentre scriveva; la sua storia risulterà piatta, prevedibile e senza anima.

Non ti sto dicendo che è importante scrivere una storia personale…ti sto dicendo che una storia personale è l’unica storia che devi scrivere! Se lo scrittore se ne frega e non è coinvolto in quello che scrive, come potrebbe esserlo il pubblico?

Eh ma Fabio, la mia è una vita monotona, noiosa, non mi succede mai niente di interessante. Non ho niente di personale da mettere in una storia.

Oh ma è qui che sta il bello!

Scrivere qualcosa di personale non vuol dire parlare di quello che hai vissuto, ma di quello che sei!

In quanto essere umano hai sicuramente almeno tre ambiti dai quali puoi ricavare una storia personale:

  1. Qualcosa che hai vissuto sulla tua pelle.
  2. Una tua passione.
  3. Quello che provi e senti, il tuo punto di vista su qualcosa.

Se pensi che gli ultimi due punti siano troppo deboli per ricavarne una buona storia permettimi di smentirti.

Sono abbastanza convinto che tu abbia visto, o almeno sentito parlare, di Titanic.

Bene, sappi che Titanic è una storia tremendamente personale per il suo regista e sceneggiatore James Cameron.

Cosa?! Guarda Fabio…non conosco Cameron di persona, ma ho una buona certezza che non sia abbastanza vecchio per aver vissuto la disgrazia del Titanic di persona!

Hai ragione. Infatti il Titanic per Cameron non è un ricordo doloroso o che riguarda la sua famiglia. Semplicemente…è una passione pura e potente!

Cameron ha studiato per decenni la storia di quel transatlantico, ha tutte le copie originali dei quotidiani quando uscì la notizia del naufragio. Cameron ha studiato oceanografia e nautica per poter comprendere meglio quella tragedia.

Se ti ricordi all’inizio del film ci sono delle riprese subacquee del vero Titanic! Non è una riproduzione al computer. Il relitto che si vede nei primissimi minuti è quello originale. E sai come le han girate? James Cameron è andato di persona a ridosso del relitto a bordo di un mini sommergibile, e ha guidato personalmente la cinepresa all’interno della nave. Erano riprese che aveva fatto più che altro per sé stesso, per soddisfare la sua ossessione, la sua passione. Poi le mise nel suo film.real titanic

Le dinamiche dei passeggeri che abbiamo visto al cinema, il clima della nave e i dettagli tecnici sono vividi e realistici perché Cameron ha studiato così bene quella tragedia tanto da farla diventare parte della sua vita. Conosce così tanti dettagli, ha intervistato così tanti sopravvissuti che è come se anche lui fosse stato su quella nave. E dal suo film direi proprio che lo si può percepire.

Quando, il 20 Aprile 2010, ci fu l’incidente al pozzo petrolifero della British Petroleum nel Golfo del Messico che fece riversare nell’Oceano Atlantico non so quanti milioni di milioni di litri di petrolio, Cameron fu interpellato dal Governo degli Stati Uniti in quanto esperto oceanografo. E questo non è un film, ma un fatto vero. Capisci ora cosa intendo per “passione pura e potente”?

Molto probabilmente anche tu ne hai una. Magari non ancora così approfondita come quella di Cameron per il Titanic, ma se c’è qualcosa che ti appassiona è già una strepitosa base su cui costruire una storia.

Se tieni bene a mente questa prima regola allora potrai sfruttare al massimo la seconda.


Integrazione

Un film ed una sceneggiatura hanno solo due tipi di informazioni: la vista e l’udito, quello che vediamo e quello che sentiamo. Un film non lo possiamo assaggiare, toccare o annusare. Lo possiamo solo vedere e sentire. Questo è quello che uno scrittore scrive nella sceneggiatura, perché sono gli unici mezzi che ha per comunicare col pubblico.

Questo per farti vedere che ci sono proprio solo due cose da mettere nella sceneggiatura: quello che vedi e quello che senti. Per questo i produttori non vogliono mai leggere che qualcuno sta pensando qualcosa, o si ricorda qualcosa. Vogliono che sia quello che vediamo e sentiamo che faccia capire queste cose al pubblico.

Ed ecco la regola dell’integrazione:

Le sceneggiature sono integrate quando tutto ciò che si vede e tutto ciò che si sente porta avanti la storia e fa capire chi sono i personaggi al pubblico.

  • Portare avanti la storia.
  • Approfondire ed espandere il personaggio.

Pensa ad un’auto nuova, e il venditore ti fa vedere il cruscotto: “Così si accendono le frecce, così i fanali, così i tergicristallo, così gli antinebbia, e questo…beh questo non fa nulla, è lì per bellezza”. Tu diresti che è un cattivo design, perché ogni cosa deve avere una finalità, e nella sceneggiatura questo concetto si traduce con integrazione, cioè portare avanti la storia. Portare avanti la storia e approfondire il personaggio.

Sembrano due cose ma è una cosa unica. Portare avanti la storia è espandere il personaggio, e viceversa.

Ogni immagine e ogni suono deve portare avanti la storia. Se una sceneggiatura è perfettamente integrata, possiamo perfino fregacene di cosa tratta la storia. Potresti avere l’impressione che non succeda niente nella scena, ma ci sono delle evoluzioni e il pubblico le percepisce.

In A Proposito di Schmidt la prima scena è su un personaggio (Schmidt, interpretato da Jack Nicholson) che non fa niente, seduto in un ufficio spoglio. La sola cosa che si muove sono le lancette dell’orologio. Si vede che la scrivania è spoglia, i muri vuoti, negli angoli ci sono scatoloni impilati, e anche se apparentemente non accade niente noi impariamo qualcosa di Schmidt, della storia. Possiamo vedere che è un uomo che sta andando in pensione, sta lasciando il suo lavoro dopo molti anni, è un maniaco dei dettagli, non se ne va fino a che l’orologio non segna le cinque; o forse non se ne vuole proprio andare, e il fatto che noi siamo portati a pensare questo è a testimonianza di quanto bene sia stata scritta quella sceneggiatura. Non c’è una sola azione, non una sola parola.

Mi preoccupo sempre quando in un film vedo una scena in un ristorante. Ci sono attori attorno ad un tavolo che raccontano la storia invece che recitarla. Nei casi peggiori vediamo addirittura i personaggi che parcheggiano, entrano nel ristorante, vengono accolti dal cameriere, vengono fatti sedere, viene dato loro il menu, vengono proposti i piatti del giorno, i vini…e alla fine ordinano. A cosa serve questo? Sono passati due minuti e cosa abbiamo scoperto di nuovo della trama o dei protagonisti? Niente! A meno che la scena non sia integrata.

Anni fa uscì Stregato dalla Luna, e comincia in un ristorante mentre i personaggi ordinano da mangiare, il cameriere raccomanda il piatto del giorno (pesce) e uno dei due lo ordina, ma la protagonista ribatte, non vuole che l’altro mangi pesce, e gli intima di ordinare pasta e gli descrive cosa deve mangiare:

“Pesce?! Vuoi mangiare pesce?!”

“Perché no il pesce?”

“Perché tra poco hai un volo di 14 ore per la Sicilia. Ti rimarrà il pesce sullo stomaco, starai male.”

“Non voglio il pesce?”

“No, non lo vuoi.”

“Cosa voglio allora?”

“Vuoi una pasta leggera, una pasta Primavera. La digerirai facilmente. Riuscirai a dormire durante il volo, e una volta atterrato sarai bello fresco e riposato, e potrai fare le tue cose tranquillamente.”

L’uomo ordina la pasta, complimentandosi con la donna per la sua determinazione e i suoi intenti di curare la sua salute. Dice che è una donna interessante, gli servirebbe una come lei al suo fianco, e le chiede di sposarlo. stregato dalla lunaLei si lamenta della maniera barbara e scontata con cui lui si è dichiarato, lo obbliga a mettersi in ginocchio e a fare una proposta di matrimonio come si deve. Lui esegue.

In questo ristorante impariamo moltissimo dei personaggi e della storia: seguendo tutto il dialogo impariamo che la donna sa prendere gli uomini, sa cosa aspettarsi da loro e sa che non sempre quello è amore, sa che l’amore è una fregatura, dieci minuti di divertimento e una vita di miserie. È una donna furba, intelligente, e sa che non deve aspettarsi l’amore in un matrimonio.

Ecco che grazie all’integrazione una scena che non si dovrebbe girare, in un ristorante, è perfetta girata lì dov’è, e un’ordinazione che non andrebbe fatta diventa un fortissimo motivo di avanzamento della storia.

Tutto ciò che di nuovo abbiamo scoperto in questa scena lo abbiamo scoperto soltanto attraverso il dialogo diretto e le azioni dei personaggi. Nessuna didascalia, nessun sottotitolo, nessuna spiegazione da documentario. Questa è integrazione.

Un altro bell’esempio ce lo dà Una Donna Chiamata Golda, una mini serie TV del 1982 con Ingrid Bergman.

Golda è la prima donna ad essere eletta Primo Ministro di Israele. Ad un certo punto deve incontrare un senatore Americano per discutere di armamenti perché gli Americani non possono vendere ad Israele armi della qualità richiesta.

Il senatore arriva nella casa di Golda e si ritrova da solo con lei ed un assistente in un grande salotto spoglio. Nessuna guardia del corpo, nessun giornalista. Dopo un velocissimo dialogo Golda commette uno dei peggiori peccati possibili nel campo del cinema e della TV: offre un caffè!

Ora…non si possono contare i miliardi di litri di caffè sprecati dalla creazione del cinema muto ad oggi. Quante tazzine sporcate inutilmente in funzione di dialoghi sterili, scene senza mordente e momenti noiosissimi. Quante parole buttate via per: “Caffè corretto? Macchiato? Macchiato freddo? Tazza grande o piccola? Decaffeinato? Forte o annacquato?”

Ed è esattamente questo il pensiero che attraversa il cervello di qualsiasi spettatore che assiste all’inizio di questa scena.

Ma, all’improvviso, ecco l’integrazione!

Golda va a preparare il caffè, il senatore Americano viene lasciato da solo nel salone (circa 20 secondi di silenzio. Una eternità in termini cinematografici). Alla fine si alza e va a cercare Golda. La trova in cucina intenta a versare da sola il caffè. Sul tavolo ci sono dei pasticcini, e lei lo invita a sedersi.

Senza grandi dialoghi possiamo già capire molto da questa scena: il Primo Ministro Israeliano sta preparando il caffè da sola, quindi è una persona modesta, non approfitta del suo ruolo per far fare le faccende domestiche o di routine ad inservienti e maggiordomi, seppur ne abbia il diritto per il ruolo che ricopre. È una donna autonoma, non è viziata, è sicura di sé e sa come trattare un ospite.

goldaGià così è tanto, l’integrazione ha funzionato alla grande, ma le cose migliorano subito dopo.

Una volta seduti al tavolo con caffè e pasticcini iniziano a parlare degli armamenti di bassa categoria che gli USA vogliono vendere ad Israele. Improvvisamente Golda sfodera un intero vocabolario di termini tecnici militari, degno di un comandante di altissimo rango. Il senatore rimane spiazzato, e alla fine acconsente a fornire armi migliori, proprio come Golda voleva.

Cosa ci viene detto di nuovo? Ci viene fatto sapere che Golda è tutt’altro che sprovveduta, sa benissimo tenere testa ad un uomo. Ha portato il senatore esattamente dove voleva: nell’informale e rilassante ambiente della cucina, in mezzo al profumo di cibo e caffè, così da fargli abbassare la guardia e prenderlo alla sprovvista. È una stratega eccezionale.

Intuiamo che non è un caso che non ci sia nessun giornalista in casa durante l’incontro: Golda aveva bisogno di un effetto sorpresa sul senatore e ha mandato via tutti.

Avresti mai pensato di poter capire così tanto di un personaggio dal solo fatto che offre un caffè?

Ora ti porto un altro veloce esempio, e mi servirà per farti vedere come l’integrazione sia uno strumento perfetto per utilizzare i tre princìpi segreti (soldi, sesso/violenza e menzogna) di cui ti avevo parlato nel modulo I Tre Princìpi Fondamentali.

Il film è Atlantic City, del 1980.

Vediamo una bellissima ragazza, a petto nudo, che si passa un limone sui seni. Il tutto è indubbiamente erotico, e lo sceneggiatore ha sicuramente tenuto a mente il secondo principio fondamentale mentre scriveva questa scena.

E l’integrazione?

Pochi istanti prima abbiamo visto la stessa ragazza servire del puzzolente pesce fritto in un fast food. Il limone sul corpo le serve per togliere l’odore di pesce che le si è attaccato sulla pelle. Simbolicamente si sta togliendo di dosso l’umiliazione, lo stress, la vergogna e la fatica di quel lavoro degradante, si sta pulendo per poter tornare almeno per qualche ora veramente sé stessa.

Ecco che una scena di nudo, di pulsione sessuale, se opportunamente integrata ci fa scoprire dei lati intimi e nascosti della psicologia del personaggio.

Un ultimo esempio (spero di non annoiarti) l’ho visto proprio pochi minuti fa su Rai 2. Trasmettevano una puntata di NCIS. La primissima inquadratura è di Kate che si tiene una mano sulla guancia per il mal di denti. Parte un veloce dialogo con Tony durante il quale lei confessa di avere una paura tremenda del dentista. Tony allora le suggerisce di andare prima da una ipnoterapeuta per farsi ipnotizzare e far dunque sparire quella paura. Fine. Tutto qui. Non c’è niente di costruttivo dopo questo dialogo perché arriva il capo con un caso da risolvere.

Mi son ritrovato con la forchetta a mezz’aria (sì, stavo cenando) perplesso. Non riuscivo a credere che una serie TV così longeva e famosa avesse commesso un errore del genere! Mai scrivere qualcosa per niente! Ok avevo imparato che Kate aveva paura del dentista…e allora? Questo non avrebbe influito sul suo personaggio. Kate era un’agente federale, figuriamoci se un mal di denti avrebbe modificato le sue capacità.

Poi…il colpo di genio! L’integrazione!

Il terzo agente, Tim, assiste all’omicidio di una donna e viene a sua volta aggredito dall’assassino. Riceve un colpo in testa e non riesce a ricordare il volto del malvivente. Ed è in quel momento che Tony e Kate suggeriscono…di chiamare l’ipnoterapeuta!!! Ecco allora a cosa era servito il mal di denti di Kate! Era l’aggancio per introdurre la figura della ipnoterapeuta nella storia. Difatti la chiamano, lei ipnotizza Tim e gli fa ricordare il volto del killer, lo identificano e risolvono il caso. Con la scusa dell’ipnoterapeuta è stato possibile portare avanti la storia.

Non scrivere mai niente senza un preciso motivo.

Le azioni determinano il personaggio, ed il personaggio determina le azioni.

Quando azioni e personaggio sono inseriti in un ambiente tramite l’integrazione allora otterremo il nucleo vero e proprio della sceneggiatura: otterremo la storia del film!

Per questo modulo abbiamo finito, ci ritroviamo la settimana prossima!

 

RIEPILOGO

  • Prima ancora di imparare le tecniche specifiche di scrittura devi imparare bene come individuare Cosa scrivere, e Come scriverlo.
  • Il Cosa devi scrivere è: la tua storia personale.
  • Il Come devi scriverlo è: usando l’integrazione.
  • Non devi per forza scrivere qualcosa che ti è accaduto. Puoi anche basare la tua storia su una tua credenza , un tuo punto di vista, oppure su qualcosa che ti appassiona e che conosci molto bene.
  • Non devi raccontare la tua storia così com’è veramente, ma la devi filtrare. (vedi l’esempio di George Lucas e Star Wars)
  • Scrivere qualcosa di personale non vuol dire parlare di quello che hai vissuto, ma di quello che sei.
  • Il pubblico non vuole storie “sicure”, tranquille e lineari. Vuole personaggi agitati, profondi, che rivelano la loro intima natura.
  • In una sceneggiatura riceviamo solo due tipi di informazioni: quello che si vede e quello che si sente.
  • Le sceneggiature sono integrate quando tutto ciò che si vede e tutto ciò che si sente porta avanti la storia e fa capire meglio come sono i personaggi.
  • Ogni immagine ed ogni suono deve portare avanti la storia, dare informazioni nuove.
  • Ogni cosa che scrivi deve avere una sua utilità.

ESERCIZI

  • Prova a pensare alla tua più grande passione. Ora scrivi un brevissimo racconto su un personaggio che ha quella stessa passione. Fagli vivere le stesse difficoltà che hai trovato tu nel seguirla. Dato che però devi filtrare la tua storia e non metterla così com’è nella realtà… :

– il personaggio deve avere il sesso opposto al tuo.

– deve vivere in un Paese esattamente opposto a dove vivi tu (supponendo tu viva in Italia, ambienta il racconto in un Paese del terzo mondo).

– deve avere almeno 10 anni di differenza da te (più vecchio o più giovane, scegli tu in base alla tua vera età).

 

  • Ora prendi in considerazione l’episodio della tua vita che più ti ha cambiato, quello che ha inciso maggiormente su ciò che sei adesso. Può essere sia positivo che negativo (un divorzio, una malattia, il trasferimento in un’altra città, una scuola nuova, un incontro inaspettato…).

Scrivi una breve storia di un personaggio che vive quel tuo stesso episodio…ma ambienta il tutto o nel passato o nel futuro (almeno 100 anni di differenza da oggi).

 

  • Descrivi soltanto tramite suoni ed immagini la reazione di una casalinga che ha appena scoperto di aver vinto al Superenalotto.

– NON devi scrivere quello che pensa, ma solo quello che dice.

– scrivi quello che fa, le sue azioni.

FILM DA GUARDARE

The Hateful Eight

Tutto il film si svolge dentro uno spazio chiuso: all’inizio la carrozza, poi l’emporio. Uno spazio chiuso limita tantissimo le tipologie di azioni che un personaggio può fare: non potrà andare in bicicletta, non potremo vederlo correre o fare sport, non sapremo come si comporta in acqua.

Insomma, se posizioni un personaggio in uno spazio chiuso sai già che potrai fargli fare solo un ristretto numero di azioni.

Dunque dovrai stare ancora più attento a come usi l’integrazione!

Guarda The Hateful Eight e prendi appunti su come i personaggi all’emporio presentano sé stessi. Dato che non tutti sono chi dicono di essere scoprirai che il personaggio stesso ha dovuto usare l’integrazione su di sé per poter rendere credibile la sua finta identità.