Azione ed Ambientazione
Può succedere di voler ambientare una scena in una determinata ambientazione, ma una volta iniziato a scrivere scopri di non riuscire a far andare avanti la storia.
Nessun problema! Ci sono dei trucchi e delle tecniche specifiche per far avanzare la vicenda in qualsiasi luogo!
C’è una grande differenza tra le azioni in un film e quelle sul palcoscenico di un teatro.
A teatro è lo spettatore che decide cosa e chi guardare, quando guardare e su cosa focalizzare lo sguardo.
In scena ci possono essere quattro personaggi, dei quali uno sta parlando, un altro sta mangiando una mela, gli altri due guardano quello che parla. Tu, seduto in sala, puoi guardare mille cose! Puoi guardare la mela, puoi osservare le scarpe di uno dei due personaggi fermi, puoi concentrarti ad ascoltare quello che parla e soffermarti sui movimenti delle sue mani, puoi ispezionare lo stile antico della poltrona in fondo sulla destra, oppure puoi constatare come la lampada a sinistra sia spenta.
Lo sceneggiatore e il regista si possono permettere di non far fare niente ad alcuni personaggi in scena. (Oddio, detta così è un po’ grossolana come affermazione, ma è sufficiente per farti capire il concetto delle azioni nell’arte).
In un film invece quanto sono libero di decidere cosa guardare?
Pochissimo. Se sullo schermo c’è un personaggio che parla, in primo piano magari, tu non potrai far altro che guardare lui. Se c’è qualcun altro nella stanza ma non è inquadrato tu non lo puoi guardare. Se in una scena vedi due persone che mangiano puoi guardare i piatti, o una delle due persone, ma la scelta è limitata.
Nel cinema è lo sceneggiatore, col regista, che decide dove devi concentrare l’attenzione. Per questo motivo:
Nel cinema non ti puoi permettere di lasciare un personaggio fermo a non far nulla!
Quando qualcuno o qualcosa viene inquadrato (e viene inquadrato perché tu, nella sceneggiatura, hai scritto che è importante farlo) questo qualcuno o qualcosa deve essere in movimento, deve star compiendo una azione.
Altrimenti annoierai il pubblico.
Bene, ora che ho capito che devo far fare qualcosa ai personaggi, come faccio a decidere cosa fargli fare?
Beh questo dipende da quello che vuoi che il personaggio trasmetta in quel momento.
Se è nervoso, oltre ad un buon dialogo nevrotico potresti farlo tamburellare con le dita sul tavolo. Se è in ansia potrebbe camminare avanti e indietro come un ossesso. Se è innamorato potrebbe accarezzare la mano della ragazza.
Va bene tutto purché sia integrato! Qualsiasi azione farai fare deve avere un motivo, deve portare avanti la storia e raccontarci qualcosa di più sul personaggio.
Ambientazioni Statiche
L’ambientazione, cioè il posto dove si svolge la scena, deve essere integrata nella storia. Vuol dire che se Tizio si trova su un passaggio a livello ci deve essere un motivo. Caio è seduto in macchina? Ci deve essere un motivo.
C’è un solo grande pericolo: se l’ambientazione è statica, ferma, c’è il rischio che non ci sia nessuna azione, ma soltanto dialogo.
Ad esempio in un confessionale di una chiesa è difficile che accada qualcosa, se non che prete e peccatore parlino. Beh un bravo sceneggiatore sa che deve mettere un po’ di vera azione anche dentro un confessionale.
Ma vediamo nello specifico come risolvere questo problema nelle ambientazioni e situazioni statiche più comuni.
Telefonate
La tendenza della maggior parte degli sceneggiatori quando c’è di mezzo una chiamata è quella di far raccontare al personaggio l’intera vicenda mentre è a telefono.
Non c’è integrazione, non c’è azione.
Puoi sfruttare una telefonata anche senza il dialogo: il telefono di una cabina telefonica in una strada molto frequentata inizia a squillare. Un passante, incuriosito, entra ed alza la cornetta. In quell’istante la cabina esplode. La chiamata è decisamente servita a portare avanti la storia!
Va bene forse era un esempio un po’ estremo; proviamo con una scena con del dialogo.
Una ragazza chiama la famiglia durante l’ora di cena. Ci sono tutti i parenti, lei è l’unica a mancare perché abita all’estero. Quando rispondono lei annuncia di aspettare un figlio. Tutta la casa esplode dalla gioia! La mamma scoppia a piangere dalla felicità e si accascia a terra, il papà rimane a bocca aperta visibilmente scocciato, l’anziana zia è entusiasta e inizia subito a mettersi all’uncinetto per fare una coperta al nascituro.
Con quella chiamata lo sceneggiatore ci ha dato una perfetta panoramica della famiglia. Tramite le loro reazioni (re-azioni, le famose “azioni” che devi far fare ai tuoi personaggi) abbiamo scoperto rapidamente i caratteri di quelle persone. Sappiamo che la mamma e la zia sono felicissime, la mamma è tanto emotiva mentre la zia ha la forza e l’entusiasmo di un vulcano. Abbiamo scoperto che il papà invece non è affatto contento; non sappiamo ancora perché ma usando bene l’integrazione lo puoi spiegare subito dopo questa scena.
In un altro esempio un uomo sta passeggiando in un parco col fratello, quando riceve la telefonata della moglie. Inizia uno scambio di battute sdolcinate e piene di cuoricini fino a quando il fratello non strappa il telefono dalle mani dell’uomo e lo lancia a terra distruggendolo. L’uomo chiede spiegazioni e il fratello risponde: “Questo non sei tu. Dov’è finito lo spietato truffatore di WallStreet che ha fatto miliardi sulle spalle dei poveri risparmiatori? Il carcere ti ha forse trasformato in un debole?”.
Ed ecco l’enorme quantità di informazioni che possono saltare fuori da una semplice chiamata e rispettiva azione conseguente. L’uomo è stato in carcere ed era un truffatore; hai appena installato una gran bella curiosità nel tuo pubblico, perché vorrà sapere come mai è sembrato essere dolce e sensibile al telefono. Il fratello invece pare essere un duro, e sembra rimpiangere i tempi delle malefatte del protagonista. Probabilmente è un malvivente o un truffatore, e magari era in società col fratello.
Un’azione e un buon uso dell’integrazione. Ecco la soluzione per non annoiare nessuno se metti nella scena una telefonata.
Bar e Ristoranti
Come avevo già detto nel modulo sull’integrazione, mi preoccupano sempre le scene ambientate in ristoranti o bar. Troppo spesso la pigriza prende il sopravvento sullo sceneggiatore e si finisce col vedere i personaggi che mescolano, sorseggiano, masticano o ordinano da mangiare. Tutte azioni ben precise, monotone e sempre uguali (non è che puoi mescolare un drink col gomito).
In questo tipo di scena la storia è portata avanti solo dal dialogo, perché è difficile integrare con delle azioni così spersonalizzate e meccaniche.
Per questo dovrai usare con estrema cautela questo tipo di ambientazione!
Come faccio allora a trovare un minimo di integrazione nei bar e nei ristoranti?
- Fai incontrare inaspettatamente due personaggi dentro il locale.
- Rivela gusti o allergie che possano spiegare alcune scelte del personaggio durante la storia.
- Fai capire quanto un personaggio sia solo e abbandonato mettendolo in un angolo di un bar affollato.
- Fai morire qualcuno colpito da un’arma non convenzionale, tipo una bottiglia rotta.
- Fai lavorare un personaggio come cameriere o cuoco in un locale se vuoi far vedere l’origine del suo forte stress; in posti del genere è facile metterlo sotto pressione, pronto a scoppiare proprio quando ti serve.
Di idee te ne possono venire molte altre. Come al solito va bene tutto purché ci sia un motivo per metterle nella tua sceneggiatura.
Appartamenti ed Uffici
Questi sono tipicamente gli ambienti più personali per i personaggi. Quando parliamo di appartamenti e di uffici dovrai ricordarti che lì il tuo protagonista ci vive o ci lavora.
Dovrai considerare bene l’arredamento e gli oggetti delle varie stanze, perché saranno stati scelti dal personaggio e dovranno rispecchiare la sua personalità.
Già questa è una grande prova di integrazione!
Gli ambienti in cui vive o lavora il tuo personaggio sono una estensione di lui, devono rispecchiare la sua personalità.
Quando mi capita una scena in una casa mi diverto sempre a giocare al detective. Mi immagino di aver trovato la chiave della villetta durante un’indagine, e devo capire di chi sia la casa. Non ho né foto, né nome né una storia del proprietario. Posso solo entrare e dare un’occhiata.
Cosa mi dice l’arredamento? Gli oggetti che trovo cosa mi suggeriscono?
Innanzitutto il proprietario vive solo o ha famiglia? Se ha figli magari vedrò dei disegni attaccati al frigo con delle calamite (ovviamente prima di salire a vedere le camere da letto. Quelle sono degli indizi facili).
Se vive da solo è uomo o donna? Alcuni indizi potrebbero essere delle riviste di settore appoggiate vicino il divano, una tappezzeria rosa se è donna, dei trofei di caccia se è un uomo.
Che lavoro fa? Non è detto si capisca dall’appartamento, ma se si portasse a casa il lavoro potrei trovare il computer con i vari documenti, oppure un archivio con vecchie pratiche.
Insomma questi sono esempi che mi sono venuti sul momento, non per forza ti servono tutti e non per forza devono essere questi.
Se hai difficoltà a disegnare il profilo psicologico del tuo personaggio ti suggerisco di fermarti ed arredargli casa.
Concentrati e inizia a creare nella tua mente i dettagli di ogni singola stanza. Intendo davvero ogni dettaglio! Se in giardino hai messo un tavolo controlla se c’è un posacenere. Scoprirai così se il tuo personaggio è un fumatore. Magari è un’informazione inutile che non userai mai nella storia, però a livello del tuo subconscio sarà importante per dare una vita credibile al protagonista.
Disegna su un foglio la piantina della casa e tienila davanti a te quando scrivi le scene che si svolgono lì dentro.
Lo stesso vale per l’ufficio.
Lì è rappresentato il rapporto del personaggio coi colleghi, soci, clienti o capi. Si trova bene con quel lavoro, oppure lo odia? Si fa rispettare dagli altri? E, cosa più importante, che ruolo ricopre? Ha una scrivania ordinata o regna il caos più assoluto?
Non rispondere con una descrizione o con un dialogo. Rispondi con l’arredamento. Ogni dettaglio è utile per far scoprire al pubblico la vera e intima natura del protagonista.
Per usare l’integrazione dunque non sarà per forza necessario far compiere particolari azioni o far fare specifici dialoghi. Può essere sufficiente un arredamento ben studiato.
Divertiti a fare l’interior designer!