Il Dialogo
In questo modulo scoprirai cosa devi assolutamente mettere nei tuoi dialoghi, come renderli godibili per il pubblico, come fare per trasmettre una determinata emozione e tanto altro ancora.
In questo modulo mi riferirò al cinema da dopo l’arrivo del sonoro. Non che i dialoghi nel cinema muto non ci fossero (vedi la foto) ma in questo corso mi interessa spiegarti come avere successo adesso. Per studiare storia del cinema c’è sempre tempo.
Tutti i dettagli, di qualunque tipo, del tuo film (dalla fisicità del personaggio, all’ambientazione, alla psicologia dei protagonisti) vengono trasmessi attraverso due soli canali: quello visivo e quello auditivo.
Un film comunica soltanto attraverso la vista e l’udito. Qualsiasi informazione tu voglia dare devi comunicarla solamente attraverso almeno uno di questi canali.
A Hollywood lo sanno bene. Pensa che quando scorri le pagine di una loro sceneggiatura, la cosa che ti salta subito all’occhio è che c’è tantissimo dialogo. Tutte le descrizioni tra un dialogo e l’altro vengono chiamate “la robaccia nera”. Perché di quello si tratta. Mucchi e mucchi di “roba” nera (l’inchiostro delle parole) che non serve, dal momento che non è traducibile né con un qualcosa di visivo, né con un qualcosa di sonoro.
Che senso ha scrivere una descrizione tipo “Caio entra nel locale. La tensione si fa palpabile. Lui è agitato. Sa che vedrà la sua amata, o almeno così spera. Non è sicuro che lei verrà perché hanno da poco litigato…”
Come fa un regista, che può usare solo la vista e il suono, a tradurre questa cosa?!
Se davvero vuoi far sapere questi dettagli al tuo pubblico dovrai anche tu impegnarti a farlo solo attraverso occhi e orecchie. Vuoi sapere come si fa? Usa la nostra vecchia amica Integrazione!
Un altro approfondimento in merito lo trovi nel modulo sulla impaginazione, per adesso proseguiamo.
Una cosa che forse ti sarà utile sapere è che i produttori Americani, quando devono valutare una sceneggiatura, leggono quasi solo i dialoghi. Sanno benissimo che è dall’uso che se ne fa che si capisce il talento dello sceneggiatore.
Devi saper raccontare la tua storia soltanto attraverso i dialoghi e pochissima “robaccia nera”.
Parliamo un secondo del sonoro.
Oltre al dialogo, quali componenti uditivi ci sono in un film? Solo due.
- Colonna sonora (musica)
- Effetti sonori (rumori)
Sono entrambi necessari?
No.
Sono necessari dal momento che il loro uso porta avanti la storia o ci racconta qualcosa di nuovo. Altrimenti evitali. Ancora una volta, ecco il principio dell’integrazione.
Se non sono necessari allora ci penseranno i fonici e i montatori, col regista, a decidere se mettere qualcosa. Loro lo possono fare perché è il loro lavoro, non il tuo.
Un personaggio sta rubando in casa, quando sente una porta aprirsi in ingresso, e scappa. Era necessario il rumore della porta? Certo che sì! Quello lo devi scrivere.
Un bicchiere si rompe durante una rissa. Porta avanti la storia? Dà informazioni nuove? No; allora tu non devi scrivere che fa rumore. Un fonico sa che dovrà intervenire in fase di ripresa o di montaggio, ma non è affar tuo. Tu il tuo dovere l’hai fatto.
Dal momento che scrivere dialoghi sarà il tuo lavoro principale, andiamo a vedere qualche tecnica per farli come si deve.
1
Da fare assolutamente
Economia
Economia nei dialoghi significa
dire tanto scrivendo poco.
Ricorda che ogni dialogo deve raggiungere due scopi:
- Approfondire il protagonista (dare nuove informazioni su di lui).
- Portare avanti la storia.
…e lo devi fare usando meno parole possibile!
Uno scrittore non è pagato un tot per ogni parola che scrive, quindi non sforzarti di scrivere chissà quante pagine.
Ricordo che quando il professor Richard Walter, il professore di sceneggiatura della UCLA, spiegò questo concetto mi venne subito in mente la mia maestra di italiano delle elementari:
Il nostro sistema scolastico ci spinge a scrivere più del dovuto, a sforzarci di allungare un testo anche quando non serve. Quante volte mi son sentito dire: “Fabio il tuo riassunto è troppo corto!” da quella maestra! Poi alle medie: “Fabio il tuo tema deve essere più lungo! Aggiungi degli esempi, parla anche di quell’altro argomento X…” e poi al liceo: “Fabio! Lo sai benissimo che devi consegnare almeno quattro facciate di foglio protocollo! Io queste tre paginette striminzite non te le correggo nemmeno!”.
Eppure io scrivevo tutto quello che c’era da dire, argomentavo bene ed i miei temi avevano un senso compiuto. Ho dovuto aspettare di avere 20 anni ed andare fino a Los Angeles per capire che non ero io quello che sbagliava!
Ma torniamo ai miei adorati esempi!
Un straordinario esempio di economia nei dialoghi lo troviamo in Fuga da Alcatraz quando un prigioniero chiede a Clint Eastwood: “Com’è stata la tua infanzia?” ed Eastwood risponde: “Corta.”
Pensa quanto una sola parola, “corta”, ci riesce a dire sul personaggio! Ci dice che non ha passato una bella infanzia, che ha vissuto qualche trauma o qualche condizione di vita difficile che l’ha fatto crescere in fretta. Non ha ricevuto molto amore da bambino, ha dovuto imparare ad arrangiarsi sin da subito, perciò adesso è un vero duro, non lo spaventa niente.
Nota come per descriverlo malamente ho impiegato quattro righe, mentre ad un bravo sceneggiatore è bastata una sola parola per raccontarci la sua vita intera.
Va bene, bel esempio, ma mi spieghi come posso farlo anch’io?
Subito!
Il trucchetto da usare è sempre il solito:
Per ogni pezzo di dialogo chiediti se quella riga porta avanti la storia, se dice al pubblico qualcosa di nuovo sui personaggi. E anche se la risposta ad entrambe le domande è “sì” chiediti se c’è un modo più sintetico e veloce per dire le stesse cose.
Testo e Sottotesto
Parto subito col definire cosa vogliono dire queste due parole:
Il testo è quello che c’è scritto; il sottotesto è il suo significato.
A rischio di annoiarti uso un esempio per farti capire bene la differenza.
All’inizio di Terminator 2 Schwarzenegger è nudo e deve cercare dei vestiti ed un mezzo di trasporto. Entra in un bar, vede un motociclista più o meno della sua taglia, gli si avvicina e gli dice:
Schwarzenegger Dammi i tuoi vestiti, i tuoi scarponi e la tua moto.
Sperando che tu non abbia visto o non ricordi questa scena, pensa a cosa potrebbe aver risposto il motociclista. Considera che è uno di quei motociclisti dalla barba e capelli lunghi e giaccone in pelle. Un duro insomma.
Da uno così ci si aspetterebbe una risposta del tipo: “Ma chi credi di essere? Sei nel mio territorio, io e la mia banda di scagnozzi siam pronti a farti fuori in due secondi se non ti levi subito dalle scatole. Ho reso docili bestioni molto più grossi di te…”
Se anche tu avevi immaginato una cosa del genere…complimenti, hai fatto centro! In effetti è esattamente questo quello che dice. Anzi…che sotto-dice. Già, perché questa risposta è il sottotesto! Quello che realmente dice il motociclista, cioè il testo, è
Motociclista Ti sei dimenticato di chiedere “per favore”.
Quando scrivi i tuoi dialoghi non essere didascalico. Non saresti originale, non potresti dare spessore e carattere ai tuoi personaggi.
Il Metodo del Ritmo
Un testo scritto per essere letto ad alta voce è diverso da un testo scritto per essere letto e basta.
Non è facile descrivere cos’è il ritmo di un testo o di un dialogo. E il fatto che non sia facile è davvero strano, dato tutti noi abbiamo imparato il ritmo prima ancora di imparare a parlare!
L’ho potuto notare grazie a mio nipote, il quale nel momento in cui sto scrivendo non ha ancora compiuto 2 anni. Ora sta iniziando ad avere un vocabolario di qualche decina di parole, pronunciate a fatica e storpiate, ma come ha imparato a parlare?
C’ho pensato un pochino, e mi è venuto in mente un pomeriggio in cui mia sorella mi ha chiesto di badare al pargoletto per qualche ora. Era piccolo piccolo, mi sembra avesse malapena 13 mesi. Non so perché ma mi ero intestardito a fargli dire la sua prima parolina, dunque mi sono sdraiato sul tappeto del salotto insieme a lui e ho cominciato a scandire a voce alta: “Mamma. Maaaammmmma. Mmmmmaaaaaaaaammmmmmma”.
Non mi aspettavo davvero che ripetesse “mamma”, ma nemmeno immaginandolo mi sarei aspettato di sentire mio nipote iniziare a scimmiottarmi! Rimasi a bocca aperta quando lo sentii dire: “Uauua. Uaaaauuuuua. Uuuuuaaaaaaaaauuuuuuuua”.
Non aveva imitato la parola; aveva imitato il ritmo! E l’aveva fatto perfettamente!
Qualche mese dopo iniziò ad imitare molti più ritmi (e le prime vere parole). Ora sapeva fare l’intonazione interrogativa, quella esclamativa per quando era arrabbiato, e quella implorante quando cercava mia sorella.
È questo il ritmo che devi dare ai tuoi dialoghi.
Individua il ritmo delle principali emozioni umane (rabbia, gioia, amore, odio, sorpresa,…) e memorizzalo per bene! Fatti degli appunti se ti può essere utile.
Ad esempio, quando una persona sta implorando per aver salva la vita, su che parole mette più enfasi? Mette il verbo in un punto particolare della frase? Il soggetto dove lo posiziona?
Per la mia esperienza come attore posso dirti che ogni emozione è classificabile e replicabile. Se devo far finta di pensare intensamente ad una soluzione punto lo sguardo verso il basso, se invece sto sognando a occhi aperti lo sguardo sarà leggermente verso l’alto. Giusto per farti capire cosa intendo per “replicabile”.
La stessa cosa vale per i dialoghi e le frasi. Individuane più che puoi, e replicali quando ti servono.
Litiga
Con un po’ di pratica e seguendo questo corso sarai in grado di scrivere battute pungenti, dialoghi efficaci in contesti integrati.
Ma non è ancora sufficiente.
C’è ancora un’ultima cosa che devi fare: fai litigare i tuoi personaggi. Fai che ogni riga di dialogo sia una sfida per l’altro personaggio.
Fai in modo che nessuno sia d’accordo con nessuno.
Se tutti andassero d’amore e d’accordo, ci fosse armonia, e tutti avessero una comune condivisione di ideali, sai cos’altro ci sarebbe? Noia. Tanta noia. E, come ormai sai bene, non devi mai e poi mai annoiare il tuo pubblico! Non mi stancherò mai di ripeterlo.
Ovviamente sto parlando di litigi cinematografici, quindi devono far andare avanti la storia o dare maggiori informazioni sui personaggi.
Se fai litigare Tizio e Caio per tutto il film non raggiungeresti mai una soluzione del conflitto, e faresti crollare la struttura della storia (guarda “il pavimento, i muri e il soffitto della casa” del modulo La Storia. In quel capitolo la conclusione del conflitto è il soffitto. Non scordare di fare anche quello).
Il marito ha comprato una cravatta nuova (è integrata, serve a far sapere qualcosa, quindi va bene). Ottimo! Fai in modo che la moglie storga il naso quando viene a sapere il prezzo di quella cravatta. O fa’ sì che al figlio non piaccia il colore perché secondo lui non si intona con la giacca.
Un gruppo di persone sta facendo un tranquillo viaggio in macchina? Fai arrivare una chiamata ad uno di loro. Fai che uno dei passeggeri non sia d’accordo con quello che il tizio sta dicendo al telefono, fai partire una discussione.
Sbizzarrisciti, tira fuori il lato polemico che c’è in te.
Ricorda solo che ogni cosa che fai deve essere integrata, deve esserci un motivo per cui l’hai fatta accadere. Fatto questo, tutto ti è concesso.
2
Da non fare mai
Realtà
Questo punto lo metto solo come promemoria. Hai già studiato questa parte nel capitolo Menzogna del modulo I Tre Princìpi Segreti che hai già visionato.
Riassumendo:
Non scrivere mai dialoghi reali! Scrivi dialoghi verosimili.
La realtà è noiosissima se vista sul grande schermo. Nell’arte bisogna ricreare la realtà, bisogna tendere ad imitarla. Ma mai copiarla fedelmente.
I dialoghi con gli “ah” “eh” e gli “uhm” sono assolutamente da evitare, anche se ti può sembrare strano perché è così che parliamo nella vita di tutti i giorni.
Avevamo anche detto che un dialogo deve raggiungere due obbiettivi:
- Deve meritare di essere ascoltato per la sua bellezza, dev’essere divertente, avere ritmo, cambi di tono.
- Deve portare avanti la storia, deve parlarci dei personaggi, darci informazioni nuove.
Se scrivi un dialogo reale non potrai mai raggiungere questi due obbiettivi.
Ripetizioni
A meno che non si tratti di ironia o di enfatizzazione, non far dire ad un personaggio qualcosa che ci è già stato già detto.
Se vediamo la scena di una città distrutta, con cadaveri per le strade e chiari segni di esplosioni, non far dire a qualcuno: “Oh cavolo c’è la guerra!”. Lo abbiamo già visto che c’è, non serve ripeterlo.
Ci tieni tanto a farglielo dire? Allora usa un pizzico di ironia: “Ah ma c’è la guerra? Pensavo fosse il solito mercato del giovedì mattina…”
Hai mai notato che i cattivi, una volta catturato l’eroe, rivelano sempre tutto il loro piano malefico? Ecco, questa potrebbe sembrare un’inutile ripetizione dato che abbiamo seguito il cattivo sin dall’inizio e sappiamo tante cose su di lui. Eppure ciò che rivela è sempre un dettaglio che ci mancava; spiega come l’ha fatto, o magari spiega il vero scopo di tutte quelle bombe piazzate in giro per la città (noi sapevamo che c’erano, sapevamo che le avrebbe fatte esplodere, ma non conoscevamo lo scopo di tutto ciò).
La regola è sempre quella: fai in modo di dare informazioni sempre nuove. Quindi niente ripetizioni, o annoierai il pubblico.